Speranza, ottimismo, resilienza e prospettiva temporale: costituzione di gruppi coordinati di ricerca

di Salvatore Soresi e Laura Nota

Premessa

Il 19 gennaio 2012 si è tenuta, presso il LaRIOS dell’Università degli Studi di Padova, una giornata di studio che si è proposta di mettere a disposizione dei partecipanti i più recenti approfondimenti teorici e i risultati delle ricerche che in questi ultimi anni sono stati raccolti riguardo ad alcuni importanti costrutti, al fine di stimolare l’avvio di nuovi e condivisi progetti di ricerca tramite l’organizzazione di diversi gruppi di ricerca, possibilmente interdisciplinari. La giornata, a cui hanno partecipato ricercatori e professionisti provenienti da diverse regioni d’Italia, è stata introdotta dal professor Salvatore Soresi che ha di fatto chiesto ai convenuti se in epoche di crisi come quella che si sta attraversando avesse ancora senso parlare di speranza e ottimismo, di prospettive temporali e di resilienza e avviare al riguardo specifici e coordinati progetti di ricerca e di sperimentazione.
A questo intrigante interrogativo i convenuti hanno risposto positivamente condividendo l’idea che il fronteggiamento delle sfide che ci attendono non può essere delegato a un’unica disciplina… che c’è bisogno di multidisciplinarietà e di diversi ed eterogenei supporti, e, certamente, anche di ottimismo, speranza e resilienza.
A questo proposito è stato detto che i nodi da sciogliere e le cose da fare sono ancora decisamente molte; il gruppo che si è riunito a Padova considera importante rivolgere la propria attenzione ai seguenti interrogativi:

  • nel counseling, nella formazione e nell’apprendimento, in psicoterapia, nell’orientamento, ma anche in sociologia, in economia e in filosofia si parla sempre più spesso di speranza, ottimismo e resilienza … le definizioni a cui queste diverse visioni si riferiscono sono sovrapponibili? Sono possibili definizioni operazionali in grado di consentire effettivamente confronti, dibattiti e analisi multidisciplinari?
  • si tratta di costrutti multidimensionali o che possono essere considerati sufficientemente indipendenti e monofattoriali?
  • quanta affidabilità può essere attribuita alle misure attualmente disponibili?
  • è possibile, e sino a che punto, trattare questi costrutti in termini di tratto o di stato? Quali sono su essi gli impatti delle determinanti socioculturali? Hanno senso analisi e ricerche cross-culturali?
  • quali relazioni esistono tra questi e altri costrutti, come, ad esempio, quelli della qualità della vita, dell’adaptabilility, dell’orientamento verso il futuro, dell’autoefficacia, dell’assertività, dell’autodeterminazione, dell’empowerment, della capacità di ritardare la gratifica, ecc.?

Il confronto, nel corso della giornata, ha considerato:

  • gli studi e le ricerche a proposito di speranza e ottimismo. Sono al riguardo intervenuti L. Carrieri su “Speranza e ottimismo in età evolutiva: dallo sviluppo all’intervento”; T.M. Sgaramella su “Speranza e ottimismo nelle disabilità: tematiche ricorrenti ed emergenti negli studi riabilitativi”; L. Ferrari con “Considerazioni a proposito dell’utilizzo della tecnologia per l’incremento delle speranze professionali”; C. Ginevra su “Sviluppo professionale dei figli, speranza e ottimismo nei genitori”; e L. Rocco con un riflessione a proposito di “Scelte intertemporali, tasso di sconto intertemporale, decisioni time-inconsistent”;
  • gli studi e le ricerche a proposito di lavoro e career counseling. L. Nota ha considerato “Il ruolo della speranza nelle attività di consulenza”; B. Pescetto-Leveraro “Il career counselling e l’orientamento al mondo del lavoro: alcuni risultati raggiunti dagli utenti dopo un percorso di consulenza di carriera”; S. Santilli e S. Soresi “Ottimismo e resilienza: strumenti per i datori di lavoro e le imprese”;
  • gli studi e le ricerche a proposito di orientamento con gli interventi di E. Camussi e A. Gritti, “Fare orientamento con profili non tradizionali e mature students: la necessità di rispondere a un bisogno emergente”, e di I. Sapienza, S. Di Nuovo, G. Santisi e P. Magnano, “La resilienza e prospettiva temporale nell’orientamento universitario”;
  • gli studi e le ricerche a proposito di resilienza con G. Gianesini, “La resilienza come competenza relazionale: modelli teorici e strumenti di assessment”; A. Laudadio con “L’orientamento ‘positivo’: l’approccio strengths-based”; e D. Pavoncello con “Speranza, ottimismo e resilienza: il ruolo della famiglia”.

A conclusione della giornata di studio è stata avanzata l’ipotesi della costituzione di specifici e congiunti gruppi di ricerca sulla base degli interessi dei diversi partecipanti.
Le proposte che sono pervenute al LaRIOS sono state diverse e numerose. Esse testimoniano l’interesse suscitato dalla giornata di studio e il proposito di condividere conoscenze, modelli teorici e strumenti di analisi.
Dall’analisi delle proposte che ci sono pervenute, l’interesse dei partecipanti può essere sintetizzato suggerendo l’organizzazione di almeno cinque gruppi di ricerca.

1. Gruppo di ricerca “Life Design, speranza e ottimismo”

I recenti risultati di ricerche che si sono ispirate all’approccio del Life Design Group (Savickas, Nota, Rossier et al. 2009) suggeriscono di considerare con attenzione, anche a proposito dello sviluppo professionale e dell’orientamento alle scelte nel corso della vita, il ruolo giocato in tutto ciò da variabili quali la speranza e l’ottimismo.
Occupandoci di life design e di orientamento con persone in età evolutiva non si può non considerare anche la componente parentale, enfatizzando la necessità di adottare una prospettiva ecologica che permetta di tenere conto di diverse forze caratterizzanti lo sviluppo, anche professionale, degli individui, precisando il peso significativo sia di variabili strutturali (ad esempio, il livello educativo familiare e lo status socio-economico) sia di variabili di processo (ad esempio, le aspirazioni familiari, il livello di supporto, l’ottimismo e la speranza dei genitori). Le ricerche future, in quest’ambito, potrebbero riguardare:

la precisazione del ruolo che potrebbe essere riconosciuto a questi costrutti all’interno dei modelli di career counseling maggiormente accreditati da un punto di vista scientifico e applicativo (modello sociocognitivo e life design, action theory, ecc.);
l’analisi delle relazioni esistenti tra queste dimensioni e quelle tradizionalmente enfatizzate dai diversi modelli del vocational counseling e del career counseling (autoefficacia, interessi e valori professionali, prospettiva temporale, abilità di decision making, ecc.)
la messa a punto di programmi e curriculi di orientamento in grado di sviluppare, accanto ad altre importanti dimensioni, anche l’ottimismo, la speranza e la prospettiva temporale delle persone.
2. Gruppo di ricerca “Speranza, ottimismo, prospettiva temporale e resilienza in età evolutiva”

La letteratura internazionale e l’enfasi per le questioni di tipo preventivo ed educativo suggeriscono di approfondire la conoscenza degli andamenti evolutivi di questi costrutti che sembrano far registrare impatti significativi a carico dell’apprendimento e dello sviluppo sociale delle persone. In questa attività di ricerca è necessario studiare l’incidenza che su queste dimensioni possono essere riconosciute a importanti variabili (genere ed età) e l’impatto che sul loro sviluppo possono far registrare diverse condizioni di tipo contestuale. Un gruppo di ricerca interessato ad analisi di tipo evolutivo potrebbe occuparsi:

della messa a punto di strumenti utilizzabili in ambito evolutivo con partecipanti di scuola materna e di scuola di primo e secondo grado;
delle relazioni esistenti con l’apprendimento scolastico, con lo sviluppo delle abilità sociali e del controllo emotivo;
dei diversi impatti che possono essere riconosciuti agli stili educativi di genitori e operatori scolastici;
della messa a punto di programmi (training) da realizzare nei contesti formativi al fine di stimolare lo sviluppo e il mantenimento di adeguati livelli nelle dimensioni qui considerate.

3. Gruppo di ricerca “Speranza, ottimismo e disabilità: dai profili all’intervento”

In diverse situazioni di disabilità (croniche e progressive, acquisite e non progressive) si constatano bassi livelli di speranza e ottimismo. La letteratura si domanda qual è il ruolo della Speranza e dell’Ottimismo (SpOt) rispetto a diversi indicatori clinici, se sia possibile modificare il livello di speranza e di ottimismo delle persone con menomazione.
Numerosi studi sottolineano il valore predittivo di SpOt nell’adattamento alla situazione di disabilità, nel recupero in seguito a riabilitazione medica e negli esiti della riabilitazione psicosociale.
I pochi studi che hanno sviluppato programmi riabilitativi hanno evidenziato non solo un incremento nel livello di speranza in generale e delle specifiche componenti del costrutto, ma anche modificazioni significative nel livello di depressione e ansia, nell’autostima e nella chiarezza degli obiettivi per il futuro.
Esistono numerosi problemi che i ricercatori interessati potrebbero proporsi di affrontare, come, ad esempio, i seguenti:

è possibili delineare profili specifici rispetto ai livelli di speranza e ottimismo nelle diverse disabilità, incluse quelle che presentano limitazioni cognitive, e nelle diverse fasi del recupero?
quali strumenti di assessment, in considerazione delle diverse disabilità, potrebbero essere utilizzati?
quali protocolli potrebbero essere approntati per specificare le diverse componenti dei costrutti SpOt?
come e con quali strumenti si potrebbe procedere alla verifica dell’efficacia degli interventi abilitativi e riabilitativi?
4. Gruppo di ricerca “Lavoro, lavoratori, Life design e nuove tecnologie”

Il modello Life Design sta chiedendo sia ai ricercatori che agli operatori di innovare le teorie e le pratiche a cui hanno fatto fino a ora riferimento nelle loro attività, per riuscire a rispondere in modo più efficace ai continui cambiamenti che caratterizzano il mondo globalizzato e che investono, oltre quella lavorativa, le molteplici sfere di vita degli individui. Questo approccio enfatizza i punti di forza delle persone e in questo senso è in accordo con gli assunti della psicologia positiva. In tutto questo, appare particolarmente importante enfatizzare l’analisi del cosiddetto “capitale psicologico” ovvero di uno stato psicologico caratterizzato da ottimismo, resilienza, speranza e credenze di autoefficacia che può essere oggetto di incremento nelle sue componenti non disposizionali. Una serie di recenti evidenze empiriche ne sottolineano la rilevanza sia per quanto riguarda i lavoratori che i datori di lavoro. A maggiori livelli di capitale psicologico sembrano infatti associarsi minori livelli di assenteismo, maggiori livelli di impegno, di produttività e di soddisfazione lavorativa. La ricerca futura, a questo proposito, potrebbe studiare:

la messa a punto di programmi e percorsi per promuovere la speranza, l’ottimismo, la resilienza anche al fine di sostenere i lavoratori nei momenti di crisi del lavoro e in ottica preventiva, per preparali ad affrontare in maniera più vantaggiosa possibili transizioni e incertezze professionali;
modalità per raggiungere gruppi consistenti di potenziali partecipanti e utenti e i supporti che possono essere forniti dalle nuove tecnologie per incrementare i livelli di speranza, ottimismo e resilienza tramite interventi on-line.

5. Gruppo di ricerca “Resilienza, orientamento, formazione e lavoro”

Considerando che la resilienza viene generalmente intesa come un costrutto e un processo multidimensionale, che comprende l’adattamento positivo in un contesto di avversità significative e la capacità delle persone di influenzarlo significativamente, appare evidente che a essa può essere riconosciuto un importante ruolo in tempi come questi, che sembrano apparire a molti intensamente minacciosi e incerti. Da questo punto di vista, alla resilienza si può pensare in termini di paradigma in grado di offrire anche una sorta di supporto traversale (metodologico e non solo) all’analisi dei diversi interrogativi che possono porsi coloro che sono interessati a costrutti quali quelli della speranza, dell’ottimismo, della prospettiva temporale, della costruzione e realizzazione di progetti di tipo formativo e lavorativo. A livello di ricerca ci si potrebbe chiedere, ad esempio:

se, e in che misura, le qualità resilienti aiutano effettivamente le persone ad affrontare meglio le situazioni difficili, i cambiamenti e le sfide che anche i momenti di crisi come i presenti sembrano imporre a fasce ampie della popolazione;
se e in che misura è possibile, come si sta affermando in letteratura, parlare di resilienza organizzativa come la capacità di un’azienda di rispondere rapidamente e adeguatamente a cambiamenti imprevisti, di comunicare in modo efficace e di auto-organizzarsi di fronte a situazioni di crisi (Kendra e Wachtendorf, 2003; Weick e Sutcliffe, 2010).
se e in che misura è possibile coniugare la resilienza al diversity management, alle politiche di pari ed eque opportunità, al concetto di sostenibilità della vita lavorativa, ecc.;
se e in che misura la resilienza costituisca un fattore di promozione e sostegno della diversità in ambito organizzativo;
se le strategie resilienti possono aiutare gli studenti a far fronte alle difficoltà incontrate a scuola e all’università, a persistere negli studi e a evitare la fuoriuscita dalla formazione. A questo riguardo, la dottoressa Gianesini ha proposto la replica, in Italia, di uno specifico progetto di ricerca statunitense di tipo longitudinale focalizzato su studenti universitari delle discipline scientifiche, finalizzato a indagare gli elementi di base del processo di resilienza. Esso prevede l’utilizzo di strumenti validati per la raccolta di autovalutazioni sulle strategie di resilienza da proporre all’inizio dei corsi universitari (Time 1) e a metà circa del semestre, dopo la presentazione di stimoli in grado di evocare emozioni positive o negative (oltre ad una condizione di controllo) (Time 2), e misure di adattamento da applicare al termine dei corsi, una volta completati gli esami (Time 3). La realizzazione di questo progetto di ricerca potrebbe, da un lato, dare vita a uno studio cross-culturale in virtù del fatto che esso verrà realizzato oltreoceano, e, dall’altro, stimolare ulteriori azioni di ricerca finalizzate, ad esempio, a coinvolgere studenti più giovani, delle scuole secondarie di II grado.
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