a cura di Salvatore Soresi,
Università di Padova
Si ringrazia ROARS per l’autorizzazione alla pubblicazione dell’articolo
In pochi mesi su Roars sono comparsi numerosi e stimolanti contributi aventi direttamente o indirettamente a che fare con l’orientamento e con le competenze necessarie alla scelta e alla progettazione professionale. Si è trattato, per lo più, di articoli che criticano anche aspramente la sedicente riforma del nostro Ministro dell’Istruzione[1] rintracciandovi, più che segnali di innovazione, preoccupanti ancoraggi ideologici-culturali obsoleti che già prima del Covid erano stati considerati, da molti, delle vere e proprie barriere nei confronti di un’educazione e di un orientamento autenticamente interessati alla ‘costruzione’ di futuri sostenibili, equi ed inclusivi per tutti.
Le critiche contenute in questi articoli sono giustamente indirizzate ad un ‘orientamento’ che continua a guardare esclusivamente agli interessi dei singoli e dei mercati e a dimostrarsi ossequioso nei confronti delle pretese neoliberiste che, da oltre trent’anni, dall’ILO si sono trasferite all’OCSE e da qui, ‘pari pari’, ai nostri ministeri dell’Istruzione, del Lavoro e dell’Università.
Ciò che in ogni caso mi ha spinto a proporre alla Redazione di Roars queste mie pagine è stata però, l’indignazione di quella madre[2] di una studentessa di 12 anni che è rimasta sbalordita e giustamente adirata a proposito dei contenuti degli item utilizzati dagli ‘esperti di orientamento’ di Sorprendo. Costoro, in solo due ore di presentazione di scale di autovalutazione e in modo poco rispettoso della privacy, liquidano il problema della scelta e della progettazione del futuro ricorrendo a strumenti molto simili a quelli che già prima degli anni ’50 erano stati messi a punto da alcuni storici pionieri dell’orientamento (da Parsons, 1909 a Super, 1949; da Strong, 1955 ad Holland, 1959) e che tanta letteratura internazionale da almeno una ventina d’anni a questa parte ha aspramente criticato a proposito della loro validità predittiva e della loro capacità di fornire supporti sufficientemente solidi ai processi decisionali che nelle fasi di transizione vengono richieste con tempistiche di tipo prevalentemente burocratico-amministrativo incuranti delle specificità e dei ‘tempi’ di ogni singola persona.
Oltre a testimoniare solidarietà nei confronti di quel genitore e condivisione per di tutti coloro che si stanno indignando per il dilagare, nelle nostre Scuole, Università e Servizi, di tanti e ripetuti accertamenti valutativi, di tanto profiling, di tanto Invalsi ed Indire, di tanti bilanci e certificazioni di competenze, algoritmi e piattaforme… di tanta sudditanza nei confronti dell’economia, dei mercati, dei capitali e dei ‘valori’ dell’eccellenza e della competizione, cercherò qui di sostenere che l’orientamento, almeno quello che viene discusso nelle riviste scientifiche maggiormente accreditate[3] e promosso dalle Associazioni dei professionisti dell’orientamento e difeso dai loro Codici Deontologici è molto diverso da quello che stanno da noi proponendo i nostri Ministeri, la Carta di Genova e Sorprendo.
Ciò che cercherò qui di sostenere è che l’orientamento non deve essere confuso con la selezione e il collocamento, né tradursi in consigli e in pratiche di valutazione e certificazione ricorrendo magari a strumentazioni che la ricerca da tempo ha considerato molto deboli per quanto concerne la loro capacità misurativa (attendibilità) e la loro validità predittiva e sociale.
A proposito di circolari, norme carte e manifesti
Il nostro paese, pur non avendo una legge quadro in materia non si è certamente risparmiato per quanto concerne l’erogazione di norme e raccomandazioni a proposito dell’orientamento e dei servizi ad esso dedicati e, questo, almeno dal 1962, anno di emanazione della legge che istituiva la scuola media unica e che, con un testo brevissimo, quasi lapidario, come lo ha definito Guerra (2019), a partire proprio dal primo articolo che affermava che essa, “… concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”. Da allora e con cadenze impressionanti le norme, le direttive e le raccomandazioni in favore dell’orientamento si sono moltiplicate e accavallate a tal punto che è quai impossibile riuscire a riunirle in un articolato e ragionato elenco. Basti ricordare che a quella degli inizi degli anni ‘60, ne sono seguite tante altre, più di 200, a cura, in modo non sempre coordinato, dei ministeri di volta in volta interessati all’istruzione, alla formazione universitaria, al lavoro o allo sviluppo economico. L’analisi di questi testi può farci toccare con mano come le tematiche associate alla scelta e alla progettazione professionale siano state per lo più trattate in modo particolarmente superficiale per quanto concerne i possibili ancoraggi scientifici, i riferimenti di natura sia metodologica che, particolare di non secondaria rilevanza, deontologica. Si tratta di ‘lacune’ che sono state da tempo segnalate e denunciate, ma di fatto ignorate, dagli estensori della stragrande maggioranza di quei documenti.
L’‘innovazione’ del matching e della profilazione che compare anche nell’ultima ‘riforma’ dell’orientamento recentemente proposta dal Ministro Bianchi[4], ad esempio, comparivano già nel 1909 nel primo volume (Choosing a Vocation) destinato agli orientatori da quel Franck Parsons che è unanimemente considerato il fondatore di questa disciplina. Già da allora lo scopo dell’orientamento consisteva essenzialmente nell’aiutare le persone ad effettuare ‘scelte oculate’ tramite ‘ (1) una comprensione chiara di se stessi, delle proprie attitudini, delle proprie capacità, dei propri interessi, delle proprie ambizioni, delle proprie risorse, dei propri limiti e delle loro cause; (2) la conoscenza dei requisiti e delle condizioni di successo, dei vantaggi e degli inconvenienti, delle remunerazioni, delle opportunità e delle prospettive future dei diversi tipi di attività; (3) un ragionamento attento sulle relazioni tra queste due classi di fattori’ (Parsons, 1909, p.5). Con il passare degli anni il mondo della ricerca ha studiato le relazioni esistenti tra queste diverse componenti, precisandole sempre più anche grazie al ricorso a strumenti specifici e a metodologie di analisi sempre più sofisticate. Hanno preso così corpo modelli diversi di orientamento[5] che, in altri paesi, a differenza del nostro, hanno ispirato le ‘guide nazionali’ e suggerito pratiche che mettevano seriamente in discussione proprio i principi della ‘corrispondenza’ persona-ambiente che continuano a costituire la base di quella visione che viene ancora seguita dalla Carta di Genova, dai nostri ministeri e da Sorprendo.
La necessità di avviare questo cambiamento a proposito di come aiutare le persone e i loro contesti di vita a scegliere e progettare il proprio percorso formativo e lavorativo è stata avvertita in modo sempre più impellente man mano che, nel corso di questi ultimi decenni, le prospettive future per molte persone andavano presentandosi sempre più all’insegna dell’incertezza e dell’insicurezza, esposte a rischi globali ed ambientali, a conflitti internazionali, a minacce economiche e sanitarie planetarie. Invece di tanti ‘profili’ e ‘consigli’ per fronteggiare tutto ciò l’orientamento avrebbe dovuto trasformarsi in dispositivo di prevenzione e di giustizia sociale particolarmente attento anche a come insegnare ad allenarsi ed allearsi per fronteggiare situazioni di crisi e disagi, il precariato dilagante, la disoccupazione e la sotto-occupazione, le ineguaglianze sociali e la crescente povertà (Hooley e Sultana, Nota et al, 2020; Soresi, 2021).
Le ‘nuove’ circolari e le nuove Carte di Genova sembrano ignorare o non curarsi delle prese di posizione di studiosi, studiose e professionisti interessati a difendere la qualità degli interventi di orientamento e di career counseling. Si ricorda, ad esempio, che già nel 2004, a cura della Società Italiana per l’Orientamento (SIO), dall’Università di Firenze era stato diramato un documento con il quale, tra l’altro, si denunciava il fatto che l’orientamento veniva troppo spesso:
- strumentalizzato per avvalorare operazioni di accertamento dei requisiti di accesso ai diversi percorsi formativi dagli Istituti scolastici di secondo grado e dalle università, e per la selezione del personale in ambito lavorativo;
- affidato a dipendenti che non avendo beneficiato di percorsi formativi adeguati e specifici, non potevano essere ritenuti in grado di attivare significative relazioni di aiuto in presenza di problemi di scelta e di progettazione professionale;
- confuso con altre tipologie di intervento come quelle necessarie al collocamento, al ridimensionamento delle difficoltà d’apprendimento, degli abbandoni scolastici e del disagio psicosociale.
Qualche anno dopo, nel 2009, su iniziativa del Laboratorio Larios e con gli auspici di G.E.O (Centro Interuniversitario Giovani Educazione, Orientamento), è stato inoltre sottoscritto da studiosi e sostenitori dell’orientamento provenienti da una quarantina di università italiane un ‘Documento congiunto’ che ribadiva che:
- le condizioni sociali ed economiche e i momenti di crisi (…) richiedono la presenza di professionisti dell’orientamento altamente qualificati ed in grado di rispondere adeguatamente alla crescente domanda di aiuto e di supporto alla scelta e alla progettazione professionale …;
- le azioni di orientamento devono essere svolte da professionisti che, grazie ad una qualifica universitaria specifica post lauream, dimostrino almeno il possesso delle competenze di base indicate a livello internazionale dall’IAEVG (International Association for Educational and Vocational Guidance) e, a livello nazionale, dalla SIO e che si impegnino a rispettare anche uno specifico codice deontologico;
- la formazione in materia di orientamento deve essere pubblica e universitaria e realizzarsi tramite la frequenza di Master di II livello per lo sviluppo delle competenze di base (core competencies) e di altre specifiche; Corsi di perfezionamento per l’accesso alla professione di laureati che, in assenza di titoli specifici, hanno svolto attività documentabili di orientamento; Corsi di aggiornamento professionale per persone interessate ad incrementare la propria professionalità e a vedersi certificare o accreditate specifiche competenze nell’ambito dell’orientamento.
Già da allora, inoltre, si considerava importate, data la delicatezza della materia in questione, far riferimento a dei codici deontologici: a questo riguardo, alcuni utili riferimenti potrebbero essere rintracciati in quello dell’ IAEVG e della National Career Development Association (NCDA), sul versante internazionale o, per quanto concerne il contesto italiano, in quello della SIO che, oltre ad una definizione dell’orientamento alla quale i soci dichiarano di ispirarsi, precisano anche alcune importanti garanzie per gli utenti (art. 4: ‘Nei casi in cui le aspettative e gli interessi dell’utente e del committente non coincidano, il professionista dell’orientamento si impegna a tutelare prioritariamente gli interessi dell’utente’, art. 5: ‘Il professionista dell’orientamento, nel caso in cui il cliente manifesti problematiche non attinenti a quelle dell’orientamento formativo o professionale, evita di occuparsene, inviando eventualmente il cliente ad altre categorie di esperti’; art. 10: ‘nessuna informazione raccolta durante l’attività di orientamento può essere divulgata, senza esplicita autorizzazione da parte del cliente stesso (…) il professionista … assicurata la privacy dei dati da lui raccolti’; art. 14: ‘Il professionista dell’orientamento fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, gli obiettivi, le modalità adottate, gli strumenti utilizzati e le teorie di riferimento, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Ciò in particolare per quanto attiene alla distinzione tra attività di orientamento e attività di valutazione e/o di selezione…’).
In questi ultimi anni sono certamente mancate le occasioni di far sentire la propria voce, e in modo congiunto, da parte di studiosi, ricercatori, operatori e professionisti dell’orientamento e del career counseling. Qui mi limito a ricordarne solamente tre:
- La prima è associata all’accordo Stato-Regioni a proposito del Documento “Standard minimi dei servizi e delle competenze degli operatori di orientamento” che era stato diramato nel 2014. In seguito ad una giornata di studio organizzata presso l’università di Padova (vds verbale liberamente scaricabile dal sito web del La.R.I.O.S. predisposto dal prof. Guido Sarchielli) sono state evidenziate diverse lacune e carenze come, ad esempio: a) la mancata esplicitazione dei suoi fondamenti teorici e la sua distanza dal dibattito scientifico attuale; b) la non appropriatezza delle definizioni di orientamento usate; c) la sovrapposizione dei significati nella descrizione di alcune delle funzioni dell’orientamento; d) la notevole eterogeneità e confusione nelle prestazioni e pratiche operative descritte; e) l’incompletezza nella specificazione dei contesti d’uso; f) la farraginosità̀ delle competenze professionali attribuite agli operatori; ecc.;
- La seconda, più recente, fa riferimento a come l’orientamento è stato definito e proposto nei PNRR che diversi paesi europei hanno predisposto per fronteggiare le conseguenze della recente crisi pandemica. A questo riguardo, il 7 ottobre scorso l’European Society for Vocational Designing and Career Counselling (ESVDC[6]) ha organizzato, con il coordinamento del prof. Jonas Masdonati dell’Università di Losanna e la partecipazione di colleghi di diverse università europee e una decina di studiosi e ricercatori italiani iscritti all’ESVDC, il webinar Next Generation EU: How to Contribute? The Voice of Scholars in Europe”, con l’obiettivo di discutere proprio il ruolo dell’orientamento nell’ambito del Next Generation EU. Come risulta da quanto ‘verbalizzato’ e riportato nella Newletter dell’associazione, pur riconoscendo che nell’ambito dell’UE e del Recovery and Resilience plan, l’orientamento e la progettazione professionale sono indicati come un’asse strategico significativo, è stato lamentato il fatto che viene considerato come uno strumento di ‘accompagnamento’ nella scelta della prosecuzione del percorso di studi o di ulteriore formazione professionalizzate propedeutica all’inserimento nel mondo del lavoro e che le azioni proposte, in contrasto con quanto indicato dalla ricerca scientifica più recente, vengono quasi esclusivamente realizzate nelle fasi di transizione. Non c’è alcuna attenzione, è stato affermato, al ruolo educativo e preventivo dell’orientamento, all’idea che è necessario ricorrere a procedure e strumentazioni specifiche per fornire ‘nutrimenti concettuali e sociali’ utili allo sviluppo di identità personali e professionali ricche, complesse, capaci di guardare al futuro in modo inclusivo e sostenibile. Dai PNRR sembra emerge una visione dell’orientamento e la proposta di azioni che non possono che essere considerati obsoleti, deboli, riduttivi e semplicistici e non più in grado di consentire letture esaustive delle complessità, globalità e precarietà che sta caratterizzando, in particolare, il mondo del lavoro dei paesi occidentali;
- La terza occasione per far conoscere il punto di vista di ricercatori e professionisti che desidero qui ricordare si riferisce ai lavori del Congresso ‘Il contributo dell’orientamento e del couseling all’Agenda 2030’ che si è tenuto nel 2018 presso l’Università Roma Tre. A conclusione di quell’evento è stata sottoscritta la ‘Carta memorandum a supporto dell’orientamento e del career counseling’ che riporto qui a conclusione di queste riflessioni e che, come si noterà, propone un orientamento molto diverso da quello contenuto nella riforma Bianchi, auspicato dalla Carta di Genova e praticato da Sorprendo e da tante nostre università che continuano a parlare di orientamento in entrata, mascherando così operazioni di valutazione, profilazione, certificazione ed accertamento di competenze ed idoneità, di orientamento informativo come dispositivo di promozione delle ‘offerte’ formative e lavorative, di orientamento in itinere confondendolo con le attività di tutorato e di supporto allo studio e, infine, di orientamento in uscita realizzando operazioni di collocamento, accompagnamento ed inserimento lavorativo a vantaggio di imprese che si trovano a beneficiare di fatto di un servizio di selezione dei nostri laureati ad un costo decisamente basso.
Una carta-memorandum a supporto dell’orientamento e del career counseling
A cura della Società Italiana per l’Orientamento (SIO) e del La.R.I.O.S. (Laboratorio di Ricerca per l’Orientamento alle Scelte, Università di Padova)
Preambolo
Questa Carta-Memorandum si rivolge a tutti e tutte coloro che desiderano sostenere la dignità scientifica e la rilevanza sociale della ricerca, dei servizi e delle professionalità coinvolte nell’orientamento, nella progettazione professionale e nell’inclusione lavorativa.
Si rivolge anche e in particolare ai responsabili dell’organizzazione e della gestione dei servizi di orientamento e di supporto alla ricerca attiva del lavoro, ai pubblici amministratori e alle organizzazioni del lavoro affinché riflettano a proposito degli interventi che al riguardo potrebbero e dovrebbero essere realizzati.
Questa Carta-Memorandum, nell’accogliere le raccomandazioni di molti studiosi, studiose, professionisti e professioniste, agenzie ed organizzazioni nazionali ed internazionali, si propone:
- di stimolare l’abbandono di visioni superficiali ed obsolete dell’orientamento che lo riducono semplicemente ad una questione di adattamento delle persone alle richieste ed aspettative del mondo della formazione e del lavoro;
- di promuovere il superamento di modelli di orientamento e di ricerca attiva del lavoro massicciamente centrati sulla ricerca di profili psicoattitudinali e di bilanci di competenze letti quasi esclusivamente in termini di risorse e di capitali individuali, dimenticandone l’origine e la natura marcatamente ambientale e contestuale;
- di stimolare ad occuparsi maggiormente, e con interventi precoci di tipo preventivo, della rimozione delle barriere e degli ostacoli alla realizzazione professionale di un numero sempre più elevato di persone riducendo le probabilità che si trovino coinvolti in esperienze di lavoro illegale, poco dignitoso e marcatamente insicure e precario;
- di favorire la scelta di modelli e di pratiche di orientamento, di career counseling e di supporto alla progettazione e all’inclusione lavorativa marcatamente interattive e contestuali per riuscire ad evidenziare, accanto alle aspettative e agli interessi individuali, anche i cambiamenti che i contesti formativi e lavorativi dovrebbero apportare per diventare socialmente più rilevanti, sicuri ed inclusivi;
- di incoraggiare e stimolare tutti coloro che hanno la responsabilità di precisare le politiche della formazione e del lavoro ad occuparsi maggiormente di quelle persone che, in ragione delle loro condizioni (presenza di menomazioni e disabilità, ristrettezze economiche, appartenenza a gruppi minoritari, ecc.) si trovano a considerare una gamma molto ristretta di opportunità ed opzioni decisionali e a rappresentarsi lo studio, il lavoro, il successo, la partecipazione, la competizione sociale e la stessa qualità della vita, in modo meno soddisfacente di coloro che appartengono ai gruppi maggioritari e dominanti.
Gli estensori di questa Carta-Memorandum invitano gli studiosi, le studiose, e i professionisti e le professioniste interessati alle tematiche della formazione e del lavoro a considerarsi degli ‘agenti di cambiamento’ che non si accontentano di produrre profili psicoattitudinali, bilanci di competenze e previsioni di impiegabilità delle persone e a sentirsi deontologicamente impegnati nell’indicare, anche, le cause e le responsabilità contestuali dei disagi che molte persone sperimentano e nel denunciare l’eventuale presenza di condizioni formative e lavorative poco inclusive e poco dignitose.
Prima sezione
La rilevanza scientifica e sociale dell’orientamento e del career counseling e dei servizi di supporto all’inclusione lavorativa
Gli estensori di questa Carta-Memorandum invitano gli studiosi e i professionisti dell’orientamento e del career counseling:
- ad ancorare le proprie riflessioni e a promuovere con i propri interventi quei modelli teorici e quelle pratiche che, al rigore scientifico, associano anche una visione del futuro e dello sviluppo in termini di sostenibilità, equità ed inclusione;
- a porre al centro dei propri modelli teorici, delle analisi e delle pratiche che utilizzano il benessere delle persone e la qualità dei loro contesti di vita;
- a suggerire di interpretare le necessità, le aspettative e le aspirazioni individuali considerandone anche gli impatti e le determinanti contestuali e sociali;
- a ricorrere, nel leggere i problemi della formazione, del lavoro e dell’inclusione, a modelli interpretativi complessi inter e multi disciplinari evitando sempliciste e riduttive letture ed interpretazioni di tipo economico-finanziario e psicologico-sociale;
- ad utilizzare i profili, le classificazioni, le valutazioni delle persone e gli indici di probabilità di corrispondenza delle persone alle aspettative e ai desideri dei contesti, solo dopo averne ricevuto un esplicito consenso e solo in funzione del loro benessere;
- a tentare di influenzare anche le politiche locali, regionali o statali in materia di scelta e di progettazione professionale;
- a massimizzare gli interventi preventivi e precoci in favore soprattutto dei membri maggiormente vulnerabili della comunità;
- ad operare per l’individuazione e l’abbattimento di tutte le barriere che potrebbero ridurre la partecipazione di tutte le persone alla vita formativa, lavorativa e sociale;
- a privilegiare, a proposito dell’analisi e dello sviluppo delle competenze, interventi preventivi e formativi e di ridurre quelli meramente diagnostici e valutativi;
- ad agire in favore della reputazione sociale dei servizi di orientamento e di supporto all’inclusione lavorativa;
- ad operare in rete con altre agenzie, servizi e professionisti interessati allo sviluppo sostenibile e al benessere delle persone, anche con forme di attivismo sociale;
- a volgere anche un ruolo di advocacy all’interno dei servizi di transizione dalla scuola al lavoro e di supporto all’inclusione e alla riqualificazione lavorativa.
Seconda sezione
Formazione, competenze e qualità dei servizi di orientamento, di career counseling e di supporto all’inclusione lavorativa
Gli estensori di questa Carta-Memorandum ritengono che le problematiche associate alla scelta, alla progettazione e all’inclusione lavorativa interessano fenomeni particolarmente complessi che richiedono conoscenze e competenze provenienti da ambiti e settori disciplinari diversi per riuscire efficacemente a coinvolgere e mobilitare persone, contesti, istituzioni e circostanze.
Per quanto sopra gli estensori di questa Carta-Memorandum ritengono che gli operatori e le operatrici di orientamento, di career counseling e di inclusione lavorativa debbono poter esibire le competenze professionali necessarie per:
2.1. perseguire, con i propri interventi, obiettivi di incremento del benessere e della soddisfazione di persone e contesti;
2.2. realizzare le sessioni di lavoro proprie del vocational counseling e della career education, che comportano anche il ricorso a procedure e strumenti di assessment qualitativo e quantitativo, sofisticate tecniche del colloquio e dell’intervista;
2.3. erogare aiuti e supporti di tipo psicosociale e psicopedagogico in favore, anche, di persone e gruppi svantaggiati e a rischio di discriminazione ed emarginazione;
2.4. programmare e implementare relazioni significative e collaborative con istituzioni, agenzie, servizi ed imprese, ecc., e condurre gruppi di discussione e di approfondimento, focus group, ecc.;
2.5. mobilitare processi complessi come quelli interpersonali, culturali, sociali, ambientali, economici e politico-istituzionali e l’agenticità necessaria per proporre, stimolare, mobilitare e produrre dinamiche di cambiamento;
- realizzare anche interventi a distanza, tecnologicamente supportati, per rispondere ai bisogni di orientamento e di inclusione lavorativa a persone che per svariate ragioni (distanza, disabilità, marginalizzazione, ecc.) non hanno la possibilità o non gradiscono accedere ai servizi in prima persona.
Gli estensori di questa Carta-Memorandum, inoltre, ritengono che gli operatori e le operatrici di orientamento, di career counseling e di inclusione lavorativa debbono:
- aver beneficiato di una formazione universitaria di base ed una successiva specializzazione multidisciplinare in grado di abilitarli a svolgere attività di raccolta, processazione ed utilizzazione di dati ed informazioni relative alle realtà formative e socio-economiche e ai loro trend di evoluzione e cambiamento;
- giovarsi di una formazione che, oltre a riguardare i modelli e le tecniche di orientamento e di career counseling utilizzabili lungo l’intero arco della vita delle persone nella consulenza individuale, di piccolo e grande gruppo, dovrà riferirsi anche all’analisi delle barriere e degli stereotipi presenti nei contesti formativi, lavorativi e sociali, all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) funzionali all’incremento dell’efficacia dei metodi e delle tecniche di trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati ed informazioni;
- agire affinché i servizi di orientamento e di career counseling utilizzino sistematici monitoraggi della qualità degli interventi che vengono posti in essere e prevedano attività di certificazione delle competenze, formazione ed aggiornamento ricorrente per i propri operatori;
- operare affinché i servizi di orientamento e di career counseling, per essere rilevanti da un punto di vista sociale, siano anche in grado di realizzare programmi precoci di tipo educativo e preventivo collaborando con le istituzioni e le agenzie interessate all’educazione e al lavoro.
Terza sezione
La valutazione dell’efficacia dei programmi e degli interventi di orientamento, di career counseling e di supporto alla progettazione e all’inclusione lavorativa.
Gli estensori di questa Carta-Memorandum ritengono che i programmi e i servizi di orientamento, di career counseling e di supporto alla progettazione e all’inclusione lavorativa, per essere di qualità e mantenersi a livelli soddisfacenti di efficacia, debbono ricorrere sistematicamente ad operazioni di monitoraggio, di valutazione e di verifica.
A tal fine gli estensori di questa di questa Carta-Memorandum raccomandano:
3.1. il ricorso a procedure qualitative e quantitative in grado di evidenziare gli effetti dell’orientamento sui processi di scelta e di progettazione professionale di persone e gruppi (capacità di esplorare e conoscere contesti formativi e lavorativi, di affrontare e risolvere situazioni difficili, di perseguire obiettivi ed aspirazioni di sviluppo equo e sostenibile, ecc.);
3.2. l’incremento dell’autodeterminazione di persone e gruppi e del loro desiderio di partecipazione attiva alla vita comunitaria;
3.3. la visibilità e l’accessibilità dei servizi di orientamento, di career counseling e di supporto alla progettazione e all’inclusione lavorativa;
3.4 la promozione delle pari opportunità nei contesti formativi e lavorativi e della riduzione di ogni forma di discriminazione, di lavoro poco dignitoso, di sottoccupazione e precarietà;
3.5 la capacità di fare rete tra istituzioni ricoprendo anche un ruolo sociale di influenzamento degli indirizzi amministrativi e politici.
Le operazioni di valutazione e di verifica dell’efficacia dei programmi e dei servizi di orientamento, di career counseling e di supporto all’inclusione lavorativa, dovranno riguardare anche:
- l’efficacia delle azioni di advocacy a vantaggio, soprattutto, delle persone più vulnerabili, per l’eliminazione di ogni forma di emarginazione, discriminazione ed ingiustizia;
- l’efficacia degli interventi a distanza, adeguatamente supportati da un punto di vista tecnologico, per rispondere ai bisogni di orientamento e inclusione lavorativa anche di quelle persone che per varie ragioni (distanza, disabilità, marginalizzazione, ecc.) non hanno la possibilità o non gradiscono accedere ai servizi in prima persona;
- la capacità di utilizzare strumenti e programmi dotati di effettiva validità ecologica in grado di indicare anche come motivare i demotivati, come incrementare l’autoefficacia e l’empowerment, come facilitare il successo e il perseguimento delle proprie aspirazioni nella costruzione personale e professionale dei cittadini, e come influenzare le politiche della formazione e del lavoro;
- il ridimensionamento del gap che potrebbe sussistere tra il mondo della ricerca e quello dell’applicazione superando contrapposizioni e fraintendimenti reciproci;
- il rispetto di un preciso codice deontologico e l’adeguatezza della comunicazione utilizzata, senza forme di pubblicità ingannevole, per la promozione di finalità, programmi ed eventi.
Alcuni pensieri ‘conclusivi’ per continuare a stare all’erta per come l’orientamento viene trattato.
Come prima cosa mi piace concludere queste riflessioni ricordando che i tempi non sono più quelli di una volta, quando furono scritte le pagine ‘storiche’ dell’orientamento, quelle degli accertamenti psicoattitudinali e del matching. Allora non si parlava di crisi e di decrescite, ma di espansioni e boom economici che consentivano alle persone persino di scegliere e “navigare” tra opzioni e alternative addirittura similmente attraenti e di concepire lo sviluppo professionale e la costruzione delle carriere come elementi, tutto sommato, rappresentativi di un contesto lavorativo e sociale promettente, positivo, orientato all’inclusione e all’offerta di soddisfazioni, crescite e realizzazioni personali. Chi si occupa oggi di orientamento è chiamato ad occuparsi della ricerca di soluzioni a difficoltà e problemi complessi come quelli associati al benessere e alla progettazione del futuro e che una recente letteratura, rifacendosi a Ritter e Webber (1973) non esita a chiamare problemi malvagi (wiched problem), problemi che, oltre a provocare effetti deleteri a livello individuale, sartebbero incuranti dei confini propri delle singole persone, delle scuole, delle imprese, e dei nostri territori. Si tratta di problemi e difficoltà ascrivibili, ad esempio, al degrado ambientale, alla povertà, alla presenza di conflitti, di pandemie, di disuguaglianze, alla permanenza di condizioni di analfabetismo, di abbandono precoce della frequenza scolatica, di forme dilaganti di disoccupazione, di sfruttamento minorile, di lavori gravosi ed indecenti, di migrazioni forzate, di esclusione, di precariato, di crisi climatiche, di sfruttamento eccessivo delle risorse… di minacce che nessuno, pensando al futuro, dovrebbe evitare di considerare.
Per tutto questo non ha più senso differenziare l’orientamento scolastico da quello professionale, chiedere ‘Cosa vuoi fare da grande?’ o ‘Quali discipline vuoi approfondire?’, ‘Quali sono i tuoi interessi e le tue competenze?’, come fanno Sorprendo, ‘Mi-assumo’, la piattaforma della Rai per l’orientamento professionale’ ed ancora tanti uffici ed agenzie di orientamento. Considerando ciò che ci aspetta, le fragilità e le preoccupazioni di quasi tutti noi e del nostro pianeta, ha più senso chiedere “Di quali problemi intendi occuparti, a quale missione 2030 intendi partecipare?”; “Cosa vorresti apprendere ancora e di nuovo, quali sono le tue carenze e le tue preoccupazioni?’, ‘In cosa vorresti perfezionarti, affinché il tuo lavoro, anche in tempi di crisi, possa essere riconosciuto importante, indispensabile, prestigioso?’.
Come si sarà intuito si tratta di un orientamento che necessita di tanto tempo, di visioni e sensibilità formative, di valori diversi da quelli individuali e privati, di un orientamento che respira meno finanza e meno economia, meno pedagogia interessata alle discipline o alla meritocrazia e ai talentuosi, meno psicologia votata alla certificazione speciale delle differenze. Per riformare veramente l’orientamento dovremmo forse incominciare a pensare agli orientatori come a dei nuovi ‘profeti di Parigi’, come Frank Edward Manuel aveva definito i primi e moderni studiosi del futuro, come, essenzialmente, a degli agenti di cambiamento, a ‘pensatori e commentatori sociali’ interessati, non solo a ‘svelare’ il futuro, ma anche a guidarlo in una particolare direzione, verso uno sviluppo sostenibile e un futuro interessato al benessere e all’inclusione. Questo orientatore non può che essere un professionista della ricerca-azione, un osservatore partecipante, un agente che si considera responsabile, assieme ad altri, della storia che concorre a scrivere, del futuro, che non si limita a prendere atto del presente ma che è a sua volta orientato umanisticamente e scientificamente a pensare a possibili cambianti e a proporre alternative. E’ ciò che tanta letteratura ormai, suggerisce di fare nel corso dei cosiddetti laboratori di orientamento, dove, dando tempo ai tempi necessari alla riflessività e alla consapevolezza, ci si pre-occupa, assieme ad altri, del futuro e, questo, senza lasciarsi irretire eccessivamente dalle determinanti dei passati, inibire dalle pressioni e scadenze temporali e dalle lusinghe, certamente non disinteressate, che vengono diffuse da chi, più che essere interessato alla qualità delle scelte delle persone, è interessato alla loro selezione.
Bibliografia
Guerra L. (2019). 31 dicembre 1962, Legge 1862 Istituzione e ordinamento della scuola media statale, Rivista il Mulino
Hooley, T., Sultana, R. (2018). Career Guidance for Social Justice: Contesting Neiliberalism. London: Routledge.
Nota, L., Soresi, S., Ginevra M.C., Santilli, S. DiMaggio I, (2020). Sustainable Development, Career Counseling and Career Education, Springer, London.
Parsons, F. (1909). Choosing a Vocation, Houghton Mifflin, Boston.
Rittel, H., Webber, M. (1973). Dilemmas in a General Theory of Planning. Policy Sciences, 4(2), 155-169.
Soresi, S. (2021). Orientamento, career counseling, giustizia sociale ed ambientale per un futuro di qualità per tutti, in AA.VV. L’orientamento non è più quello di una volta. Riflessioni e strumenti per prendersi cura del futuro, Milano, Studium Edizioni, pp.281-301.
[1] Vds. quanto riportato sul sito del MI www.pnrr.istruzione.it/riforme/ , a proposito delle sei Riforme del Sistema Istruzione,collega-te al PNRR. Una di queste Riforme riguarda l’orientamento scolastico, con corredo di Linee Guida, Direttive, Circolari in arrivo. L’ot- tica, per nulla sottesa, è quella della “sinergia” con il mercato del lavoro.
[2] Vds al riguardo gli articoli di Rossella Latempa che riprende ‘Il futuro che avrai te lo dice il test’ comparso sul blog Comune-info.
[3] ad es: JCD (Journal of Career Development); OSP (Orientation Scolaire et Professionalle); JVB (Journal of Vocational Behavior); IJEVG (International Journal for Educational and Vocational Guidance); JCA (Journal of Career Assessment); BJG (British Journal of Guidance and Counseling); CDQ (Career Development Quarterly).
[4] Vds al riguardo ‘La riforma del sistema di orientamento degli studenti con particolare riferimento a quello in uscita dalla scuola secondaria di secondo grado’ (Ministero dell’Istruzione, Linee programmatiche del Ministero dell’istruzione, Audizione del Ministro, 4 maggio 2021).
[5] Si peni, ad esempio: alle cosiddette teorie del “goodness of fit” (Pearson, Holland, Vondracek, Lofquist, Dawis, ecc.); a quelle di matrice socio-cognitiva (Bandura, Hackett, Lent, ecc.); a quelle enfatizzanti i processi di apprendimento (Mitchell e Krumboltz, Deci e Ryan, ecc.); l’analisi dei processi e degli stili decisionali (Janis, Mann, Gati,ecc); l’approccio psicosociale (Blustein, Flum, Gottfredson, Law, ecc.); sino a alle più recenti, quella ‘costruttivista’ e del life design (Savickas, McMahon, Duarte, Nota, Rossier, Guichard, ecc.) che anche alcuni ricercatori italiani hanno contribuito a validare.
[6] L’ ESVDC riunisce accademici europei impegnati in attività di ricerca in materia di orientamento e career counseling.