Il Piano Colao: Orientamento e Life Design in prospettiva di genere
Elisabetta Camussi
Università di Milano Bicocca e componente della Task Force Colao
Per riflettere su come efficacemente intervenire su un cambiamento di modelli e pratiche di socializzazione che permetta a donne e uomini, fin da bambine e bambini, di imparare ad esprimere la propria libertà in tutti gli ambiti (privato, pubblico, personale, famigliare, professionale, sociale, politico) e nelle diverse fasi dell’esperienza di vita (dall’infanzia fino alla vecchiaia), occorre ricordare alcuni elementi essenziali, riconnettendoli in un quadro complessivo, che renda evidenti le asimmetrie e disparità ancora esistenti in Italia tra i generi (come evidenziano i dati Istat, Ocse ed Eurostat 2019 e 2020):
- la permanenza degli stereotipi di genere nella popolazione femminile e maschile, che prescrivono attitudini e ruoli sulla base del sesso di nascita;
- la diffusione della violenza di genere, che include la violenza economica e le varie forme di riduzione dell’autonomia delle donne;
- i risultati scolastici, che vedono le studentesse raggiungere esiti migliori in tutta la carriera scolastica fino all’università, seppur con una focalizzazione delle scelte in ambiti più tradizionalmente legati alla dimensione della “cura”, e che generalmente non si traducono in occupazioni allineate col livello formativo;
- la scarsa presenza di donne nel mercato del lavoro e la loro progressiva espulsione in relazione sia alla nascita dei figli che alle fasi di recessione economica, come quella attuale;
- i processi di “segregazione” orizzontale e verticale femminile in ambito professionale, che tendono ad escludere le donne sia dalle professioni più retribuite – in cui sono statisticamente meno presenti – sia dai ruoli decisionali e/o di vertice, anche in quelle realtà in cui la presenza femminile è maggiore;
- la scarsità di infrastrutture sociali e servizi alla persona – a prezzi accessibili ed equamente distribuiti sul territorio nazionale -, e la persistenza di un modello di un welfare familistico, che scarica sulle donne e sulle reti famigliari allargate (ormai scomparse a causa dell’invecchiamento della popolazione e dello spostamento delle persone dai luoghi di origine per motivi di lavoro) la conciliazione dei tempi di vita, dando origine a diverse conseguenze, tra cui la rinuncia volontaria al lavoro retribuito (in caso di scelta di investimento professionale tra partner), o la denatalità;
- la crescente povertà delle donne, spesso sole nella cura dei figli in seguito alla separazione dal partner, oppure anziane con redditi bassi nonostante l’impegno lavorativo, a causa del gender pay gap, del part time involontario, delle interruzioni di carriera per congedi parentali;
- il perdurare in Italia di modelli organizzativi che premiano la disponibilità “senza limiti di orario” e la presenza continuativa nei contesti professionali, a discapito della qualità dei risultati raggiunti, quale garanzia non di carriera ma di mantenimento del posto di lavoro; ed il contemporaneo rafforzarsi, soprattutto negli ambiti ad elevata formazione e STEM, di professioni “all time consuming”, che sembrano difficilmente includere possibilità di un “work life balance” accessibile;
- l’avvento di una “società della conoscenza” nella quale le discipline STEM e, più complessivamente il gender digital divide, rischia di essere ulteriore fattore di svantaggio per le donne tutte (italiane, di origine straniera, con disabilità etc.). In particolare:
- per le donne già formate in ambiti professionali o disciplinari diversi, e che necessitano di integrare la loro formazione pregressa (di basso o alto livello) con le competenze digitali;
- per chi si trova al termine degli studi superiori e ha diritto ad un orientamento alle scelte formative universitarie che renda evidenti, attraverso una prospettiva “Life Design”, gli ostacoli, le potenzialità, le corrette modalità per aggirarli insite nelle diverse scelte, e che supporti lo sviluppo di progettualità non inerenti solo il breve termine;
- infine – ma non ultimo – per le bambine e i bambini. Che devono essere accompagnate, in maniera sistemica e sistematica, attraverso un Piano Nazionale di Orientamento, a partire dalla scuola primaria, allo sviluppo di progettualità di vita sostenibili e dignitose, che forniscano loro gli strumenti per governare la complessità dell’esistente, per riconoscersi come soggetti portatori di diritti, per pensare al loro futuro.
A questa situazione di perdurante disparità è infatti normale reagire, come una parte importante della popolazione femminile adulta sta già facendo, con una rassegnata accettazione dell’esistente. Non è del resto inusuale, da un punto di vista psicologico, che proprio chi è in maggiori condizioni di svantaggio nel contesto sociale, finisca per ritenere giusta ed accettabile la realtà che sperimenta: perché sarebbe troppo doloroso e destabilizzante riconoscerne l’iniquità e contemporaneamente sentire di non poterla cambiare.
Al contrario, in accordo con diversi degli Obiettivi di Europa 2030 (4. Istruzione di qualità; 5. Parità di genere; 8. Lavoro decente e crescita economica), e senza abbandonare la necessità di intervenire a sostegno della formazione delle donne nelle diverse età della vita, diventa prioritario investire in Programmi di Orientamento (condotti da professionisti con competenze specialistiche e attraverso il coinvolgimento degli insegnanti) a partire dalla scuola primaria – e che devono proseguire nella secondaria – che prevedano l’apprendimento di una “cultura del futuro”. Il che significa, ad esempio, promuovere contemporaneamente – ed in modo non esclusivo – per le bambine l’avvicinamento alle materie STEM, per i bambini la focalizzazione sui temi della cura (di sé, delle cose, del mondo), e, per entrambi i generi, progetti di Educazione finanziaria e di sviluppo della progettualità di vita. E, più complessivamente, agire attraverso interventi multidisciplinari dedicati al valore della formazione, ad imparare a costruire progetti sul futuro in condizioni di incertezza, all’identificazione di barriere e supporti, al riconoscimento degli stereotipi di genere e professionali, all’inclusione sociale e al concetto di lavoro nel XXI secolo.
A tutto questo si deve naturalmente accompagnare una Cabina di Regia nazionale, che preveda un monitoraggio sistematico dell’attuazione e dell’efficacia dei programmi e degli interventi di Orientamento (per la descrizione dettagliata delle iniziative, cfr. le Schede contenute nel Piano Colao, disponibili al link http://www.governo.it/it/articolo/iniziative-il-rilancio-italia-2020-2022/14726).