A cura di Teresa Maria Sgaramella
LaRIOS, Dipartimento FISPPA, Università degli Studi di Padova
Nel panorama internazionale, sia nella ricerca che nella pratica professionale, troviamo frequenti riferimenti al rehabilitation counselor, ovvero ad un professionista impegnato in “un processo sistematico mediante il quale persone con disabilità fisiche, evolutive, cognitive ed emotive vengono aiutate a raggiungere i loro obiettivi personali, professionali e di vita indipendente nel modo più integrato possibile, mediante attività di counseling” (Chan, Berven & Thomas, 2004; Rigger & Maki, 2004).
Accanto a conoscenze su modelli e procedure di assessment tipiche dell’orientamento e della progettazione professionale, sviluppa l’attività professionale sui fondamenti di seguito articolati.
Una visione positiva della disabilità. Questo professionista lavora accanto al cliente per comprendere i problemi esistenti, le barriere e le potenzialità, al fine di facilitare l’uso delle risorse personali e ambientali per la carriera, l’adattamento sociale e la partecipazione di una persona con disabilità (Maki & Tarvydas, 2011). Nel portare a termine questo processo deve essere pronto ad aiutare le persone ad affrontare le richieste del contesto ma anche ad agire nel contesto perché vada incontro ai bisogni del singolo; lavora per garantire la piena partecipazione degli individui in tutti gli aspetti della società, con una enfasi particolare sulla vita indipendente e sul lavoro (Chan, Berven & Thomas, 2004). Accanto allo sviluppo e alla realizzazione personale centrata sulle caratteristiche individuali, l’attenzione sarà orientata, quindi, anche agli ostacoli e barriere che provocano disuguaglianze nelle opportunità e possibilità quali, ad esempio difficoltà di accesso all’istruzione, ai sistemi di comunicazione, al lavoro, ai servizi sanitari, ai trasporti, agli edifici pubblici ecc. (Soresi, 2016).
Una attenzione al disagio e alle disabilità emergenti. Accanto alle forme di disabilità più note sono numerose le condizioni caratterizzate da specifiche specificità psicosociali, mediche, e professionali che motivano l’accesso e il potenziale beneficio di servizi e supporti sanitari. Queste condizioni hanno in comune l’essere croniche, progressive,e poco visibili. Inoltre, se non presentano coinvolgimenti ed impatti nel contesto lavorativo nelle fasi iniziali, con il progredire della condizione sono a rischio diversi ambiti di vita e, in particolare, lo sono se questi non sono considerati precocemente e in modo efficace nelle operazioni di assessment e negli interventi proposti. Si pensi, ad esempio, agli adolescenti e ai giovani in trattamento presso servizi che si occupano di problematiche psicopatologiche. Studi recenti (si veda ad esempio il contributo presentato dall’autore nell’ultimo convegno SIO, tenutosi presso l’università Bicocca di Milano) hanno mostrato che, adolescenti e giovani adulti seguiti dai servizi socio-sanitari che si occupano dei sintomi e delle conseguenze associate a queste diagnosi, presentano problematiche multiple; sono a rischio di svilupparne nuove, tra le quali l’isolamento e una limitata progettazione di vita e professionale.
E’ necessario, per un counselor interessato a queste persone, quindi, spostare l’enfasi dalla diagnosi medica e dall’intervento compensativo per focalizzarsi maggiormente sui livelli di funzionamento, sui supporti presenti, sulle risorse, sull’adattamento e sulla progettazione di vita. Nel farlo avrà bisogno anche di ricorrere quindi a modalità di intervento orientate al quotidiano.
Un approccio riabilitativo ecologico. La componente riabilitativa all’interno del RC, in linea con quanto proposto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2011), viene definita come “una serie comprensiva di servizi, pianificati insieme dal cliente e dal counselor per massimizzare l’occupabilità, l’indipendenza, l’integrazione e la partecipazione della persona che presenta disabilità nel posto di lavoro e nella comunità. L’affermarsi del modello biopsicosociale e l’assunzione di atteggiamenti positivi nei confronti delle persone con disabilità ha influenzato anche la definizione delle prassi riabilitative: ha portato a sottolineare la rilevanza di una presa in carico onnicomprensiva e individualizzata, orientata al raggiungimento di obiettivi ben definiti e misurabili; incoraggia la scelta di una centralità della persona che orienta l’intervento alle risorse del cliente, alle sue relazioni con l’ambiente, alle esperienze e rielaborazioni delle stesse, nel rispetto della dignità umana. Si tratta, quindi, di una visione della riabilitazione come olistica, individualizzata, prescrittiva, orientata allo sviluppo, finalizzata all’autonomia e alla qualità di vita.
Dal punto di vista dei contenuti tutto ciò comporta la scelta di pratiche e programmi per lo sviluppo delle risorse psicologiche, per lo sviluppo delle smart skills, abilità centrali per relazionarsi adeguatamente agli altri e per far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni, comprese quelle ascrivibili alle questioni della salute. L’azione riabilitativa si concentra sullo studio e l’applicazione delle conoscenze e delle competenze psicologiche per andare incontro a bisogni e richieste delle persone con disabilità e con patologie croniche, al fine di massimizzarne la salute e il benessere, l’indipendenza e l’autodeterminazione, le capacità funzionali e la partecipazione sociale lungo tutto l’arco della vita [Dunn 2015]. La riabilitazione psicologica assume ed amplia quindi, il suo significato di «impegno sociale».
Un’ottica preventiva. L’intervento sul problema non evita che le vulnerabilità si traducano in disagi e disabilità; non riduce l’incidenza di nuovi casi e non serve pertanto a eliminare disagi e disabilità (Romano, 2013). Questo professionista mette al centro della sua azione la prevenzione; è proteso a costruire una serie di risorse che non solo si propongano di evitare un disturbo, ma che permettano anche di avere una vita di qualità (Vera 2013), muovendosi dal trattamento del disagio alla promozione della salute e del benessere (Hage, Schwartz & Murray 2013). Nella realizzazione degli interventi l’attenzione si focalizza sulle possibilità di cambiamento dell’individuo, cerca di ridurre gli effetti negativi dei fattori di rischio individuati a livello individuale, familiare e comunitario, tenendo conto delle tradizioni culturali, delle figure che nel contesto possono costituire supporti naturali e, in quanto tali, agenti di cambiamento significativi. Fa riferimento a interventi centrati sia sulla persona che sull’ambiente, i primi per la costruzione di abilità direttamente a vantaggio del singolo e i secondi per far registrare un impatto significativo sui contesti di vita delle persone (famiglia, comunità, organizzazioni, ma anche coetanei, scuola ecc.). Centrale diventa, quindi, agire il sostegno e lo sviluppo di risorse psicologiche quali la resilienza, la competenza sociale ed emozionale, il pensiero critico e le capacità decisionali, il senso di responsabilità per le proprie azioni, un’identità positiva, l’autodeterminazione e l’autoefficacia per un orientamento ottimistico verso il futuro (Polanin & Vera, 2013; Wehmeyer, 2015; Nota, Soresi, Ferrari & Sgaramella, 2017).
e. Una formazione in materia di counseling. Ciò che distingue Rehabilitation Counselor da altri operatori della riabilitazione è la presenza e il ruolo della componente di counseling. In questo contesto il counseling viene definito come la relazione professionale che arricchisce i diversi individui, le famiglie e i gruppi che perseguono la salute mentale, il benessere, l’educazione e gli obiettivi professionali”. Il professionista in questione basa la sua attività sulle teorie, sulle tecniche e sulle applicazioni del counseling individuale e di gruppo. Nella definizione data dal CACREP (Council for Accreditation of Counseling and Related Educational Programs) e dai membri del Rehabilitation Counseling Consortium (RCC) nel 2005 formazione del Rehabilitation Counselor include “gli elementi di ibridizzazione del contenuto della riabilitazione e del counseling per meglio gestire l’ampio spettro di problematiche delle disabilità nella pratica quotidiana e per riflettere un punto di vista olistico e inclusivo”.
Per concludere, l’evoluzione del contesto attuale, la messa in discussione dei servizi di cura generalmente orientati al sintomo e alla gestione delle determinanti cliniche, la proposta di nuove forme di welfare portano all’attenzione anche nel contesto italiano il potenziale contributo di una figura professionale che si caratterizza per le abilità multiple e per le conoscenze in domini diversi, insieme alla capacità di integrarli in un servizio alla persona; un professionista che alle numerose persone con disabilità e vulnerabilità possa fornire l’opportunità di interventi brevi, efficaci e di qualità, ovvero quella che in una prospettiva nuova potrebbe essere definita la riabilitazione del XXI secolo.
Riferimenti bibliografici per l’approfondimento
Leahy M, Chan F, Saunders J. (2003) A work behavior analysis of contemporary rehabilitation counseling practices. Rehabilitation Counseling Bulletin, 46, 66-81.
Romano, J. (2015) Prevention Psychology Enhancing personal and social wellbeing. Washington DC: American Psychological Association.
Soresi S. (2016) Psicologia delle disabilità e dell’inclusione (A cura di) Bologna: Edizioni Il Mulino.
Toriello, P. J., Bishop, M. L., & Rumrill, P. D. (2012). New directions in Rehabilitation Counselling. Creative Responses to Professional, Clinical, and Educational Challenges. ISBN: 978-0-9721642-8-3