L’orientamento ministeriale che continua a guardare indietro, ad incrementare l’usura semantica, il marketing, la pubblicità ingannevole e a produrre agnotologie a proposito del futuro

a cura di Salvatore Soresi

Introduzione

La decisione di scrivere una serie di riflessioni a proposito di come continua ad essere maltrattato l’orientamento dagli ‘organi centrali’ e dalle iniziative della stragrande maggioranza delle scuole secondarie di primo e secondo grado, dalla quasi totalità degli Istituti di Formazione Superiore e dalle Università sia pubbliche che private, è stata provoca, prima, dalla lettura delle ‘nuove linee guida ministeriali’ (Soresi, 2023, 2024), dall’enorme dispendio di energie[1] destinate all’organizzazione di saloni ed open day in pressocché tutte le province italiane e a quelle azioni, sedicenti formative, messe in atto dalle università al fine di ‘riformare’ l’orientamento.

Più recentemente, come se quanto sopra non bastasse, mi sono imbattuto in quel ‘maquillage’ del consiglio di orientamento che è stato proposto con il Decreto di adozione del modello nazionale di consiglio di orientamento’ (14 novembre 2024, n. 229)[2].

Ciò che maggiormente mi preoccupa, guardando a questi ‘modelli di orientamento’ e alle pratiche che si stanno diffondendo, è la massiccia presenza, sia di quello che i linguisti chiamano usura semantica, sia ditanta pubblicità ingannevole e, soprattutto, di quella agnotologia che si propone ‘scientificamente’ di disseminare ignoranza al fine di influenzare e determinare gli atteggiamenti, i favori e le scelte delle persone (Proctor, 2004).

Quelle di cui dovrebbe occuparsi l’orientamento sono certamente tematiche complesse, ma è proprio per questo, che non possono essere trascurate da quelle visioni dell’orientamento che si propongono l’incremento della riflessività, della consapevolezza. del pensiero critico e possibilista e di tutti quei processi, cognitivi e non, che faciliterebbero scelte e progettazioni formative e lavorative in favore di futuri desiderabili e sostenibili per tutti (Pizzalis & Nota, 2024).

Il contributo che desidero sottoporre all’attenzione e al dibattito dei soci della SIO e di quei professionisti/e che continuano a pensare che l’orientamento non debba continuare a basarsi, quasi esclusivamente, sui passati degli studenti (i loro apprendimenti: non si può seguire la direzione scelta guardando lo specchietto retrovisore!) e sulle necessità ed offerte del presente (mercato attuale del lavoro e della formazione), prevede tre passaggi:

1) Il primo (quello presente) si occuperà soprattutto di usura semantica ed è dedicato a tutt* coloro che desiderano non lasciarsi abbagliare dalla presenza, nei dibattiti pubblici, ma anche in tanti documenti amministrativi ufficiali, dalla presenza massiccia di parole di moda divenute di fatto vuote e prive di significato, ed indicative, solamente, dell’assenza di un preciso riferimento scientifico e della presenza di un superficiale qualunquismo culturale (ad. es. auto-orientamento, competenze, sviluppo equo e sostenibile, futuro, occupabilità, apprendimento lungo tutto l’arco della vita, ecc.).

2) Il secondo presenterà un affondo sulla cosiddetta pubblicità ingannevole alla quale sembrano ricorrere anche tante imprese interessate alle scelte e alle progettazioni formative e professionali dei giovani, ma anche, purtroppo, tante Scuole, tanti Istituti Superiori e tante Università sia pubbliche che private. In questa seconda puntata sarà presentata una ‘griglia’ che potrebbe essere utilizzata per ‘preparare gli studenti e le studentesse a non lasciarsi ingannare dalle pubblicità promosse da agenzie interessate, soprattutto, ad attrarre ‘clienti’ e ad incrementare le loro ‘vendite’.

3) Il terzo sarà dedicato all’agnotologia …a quella ‘scienza’ che si propone intenzionalmente di disseminare ignoranza tramite la produzione, la circolazione e il consumo di menzogne puntando a determinare il cambiamento degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle scelte delle persone e di intere comunità grazie a contributi interdisciplinari che vanno dalla filosofia alla psicologia, dalle scienze della comunicazione alla sociologia, dal marketing alle applicazioni ingegneristiche dell’Intelligenza Artificiale in tante piattaforme e siti web dedicate all’orientamento.

Anche in questo caso si farà riferimento a dei materiali che sto sperimentando e che potrebbero essere utilizzati al fine di smascherare, come dice qualcuno, la presenza di menzogne e di ‘mercenari disseminatori di ignoranza’.

L’usura semantica nei documenti, nei dibattiti e nei programmi di orientamento.

Chi si occupa di orientamento non dovrebbe esimersi dal considerare le modalità con le quali imprese ed agenzie, ma anche gli Istituti superiori e le Università cercano di promuovere le proprie offerte dato che il sospetto che vengano utilizzate modalità ingannevoli e poco trasparenti è da tempo presente nella letteratura di orientamento, ma non solo in essa.

Tra queste modalità una posizione d’onore è occupata da quell’usura lessicale che si riferisce a quel processo e un fenomeno linguistico/culturale per cui una parola o un concetto perde la sua efficacia o il suo significato originale, a causa di un uso eccessivo ed improprio. La sola ripetizione e l’uso scorretto di alcune espressioni influenzerebbero la percezione di ciò che comunichiamo, conducendo a stereotipi e slogan, a forme di ‘consumo’ delle parole anche per fini persuasivi e commerciali, influenzando la percezione della realtà e delle aspirazioni sociali. Di essa, d’altre parte si sono occupati anche studiosi del calibro di Barthes (1957), Umberto Eco (1968, 2015, 2018) e di Frank e Meyer (2020) che esemplificano la presenza di usura semantica anche a proposito del linguaggio relativo ‘alle diversità’ evidenziando che l’uso ripetitivo di termini ad esse associati, quali ‘integrazione’, ‘inclusione’ ed ‘equità’, senza adeguate precisazioni e contestualizzazioni, rischia di svuotare di significato quelle espressioni. Si tratta di un fenomeno preoccupante anche da un punto di vista culturale e di giustizia sociale in quanto produrrebbe addirittura una sorta di ‘desensibilizzazione del pubblico’, riducendo la loro capacità sia di suscitare autentiche risposte emotive sia l’avvio di iniziative per promuovere cambiamenti e innovazioni. Questo è stato da tempo denunciato anche da Geeraerts (2009) a proposito del mondo accademico, constatando che con l’accentuarsi della globalizzazione dei sistemi educativi, parole come competenza e realizzazione siano diventate etichette generiche perdendo ogni significato specifico. Su questa stessa scia si è mosso, più recentemente, anche Collyer (2016) che dimostra come i ‘termini globalizzati’ perdano significato specifico nei contesti locali, influenzando la trasparenza dei messaggi accademici e, perdendo il loro significato originale diventano di fatto indifferenti agli occhi delle dinamiche e delle culture sociali in atto.

L’usura semantica, il più delle volte, assume le sembianze di un’inflazione retorica come nel caso di ‘innovazione’, ‘sostenibilità’, ‘eccellenza’, ‘riforma’, ‘realizzazione’, ‘successo’ che  compaiono in modo così frequente, in contesti commerciali, ma anche istituzionali (vds, ad esempio, il modo ridondante con cui compaiono in tante circolari ministeriali e tanti scritti a proposito dell’orientamento formativo e della didattica orientante), da diventare di fatto cliché vuoti di  significati e contenuti. A testimonianza di quanto dovrebbe essere facile portarci a ritenere questi documenti e scritti esemplificativi dell’esistenza di una vera e propria inflazione retorica dovrebbe essere la constatazione che si tratta di ‘contributi’ nei quali è pressoché totale l’assenza di riferimenti bibliografici di tipo scientifico. L’usura semantica viene favorita e sostenuta anche dal richiamo, trattando di cose vitali, di non essere ‘teorici’, ma di guardare alla realtà (invito che viene inviato spesso ai giovani da tanto orientamento scolastico, ma anche, spesso e con grande generosità, da tanti dibattiti politici e, persino, da frange decisamente troppo estese del mondo scolastico ed accademico) producendo di conseguenza unicamente riduttivistiche semplificazioni e banalizzazioni.

Nel marketing accademico, ad esempio, e sull’onda di quella centralità del cliente che il marketing commerciale da tempo ostenta per attirare i clienti e per renderli sempre più ‘fedeli’, si parla spesso di ‘formazione personalizzata’, di inclusione, di centralità dei bisogni degli studenti senza portare tuttavia dati trasparenti ed indipendenti a proposito delle pratiche realizzate per tutto ciò nell’insegnamento, nelle  verifiche e nella quotidianità della vita universitaria senza citare, ovviamente, i criteri utilizzati per valutare le ‘personalizzazioni’ realizzate a proposito, ad esempio, dell’attribuzione dei credi formativi e  delle pratiche per garantire, la libertà di accesso ed ammissione ai corsi, la facilitazione della frequenza e della partecipazione di tutte/i ai processi decisionali riguardanti la vita accademica. L’usura semantica, infine, può, consapevolmente o meno, nascondere anche una sorta di tentativo di manipolazione ideologica ricorrendo ad un uso strategico di parole ‘pesanti’ per mascherare o distorcere la realtà come quando, ad esempio, si utilizza il termine ‘riforma’, sia a proposito dell’orientamento che dei sistemi formativi che non implica necessariamente  miglioramenti e potenziamento di servizi di pubblica utilità, nascondendo persino a volte  la ‘riduzione’ degli investimenti, tagli e cambiamenti a livello organizzativo e gestionale determinando spesso ulteriori difficoltà nell’accesso a servizi e prodotti alle fasce maggiormente vulnerabili della popolazione.

Come combattere l’usura semantica nei laboratori di orientamento

Sulla base di quanto sopra dovrebbe essere superfluo aggiungere che i laboratori di orientamento dovrebbero occuparsi anche di usura semantica. A questo proposito, dopo averne proposto una definizione, suggeriamo di procedere allenando gli studenti e le studentesse a riconoscerla frequentando saloni, open day e visionando i siti web di tante agenzie, Istituzioni di formazione ed Università. Utile, a questo proposito, potrebbe risultare anche il ricorso al questionario che si riporta nel riquadro sottostante invitando sin d’ora gli interessati a contattarmi liberamente (salvatore.soresi@unipd) per concordare, in particolare, le modalità da seguire per la sua utilizzazione in un contesto laboratoriale di orientamento (Come sostenere ed avvantaggiarsi dell’anonimato e della partecipazione del gruppo; come  individuare le categorie di usura semantica più frequentemente presenti e come suggerire, in modo personalizzato, di difendersi da essa).

Questionario: Forse non sono solo parole

Presentazione
In un laboratorio di orientamento abbiamo chiesto ai e alle partecipanti di navigare un po’ in internet e di scrivere su un foglio, anche modificandole, quelle che secondo loro potrebbero essere abbinate alle questioni della scelta e della progettazione professionale. In questo modo ne abbiamo raccolte moltissime. Qui ne riporteremo solo alcune.
Se vuoi, puoi leggerle una alla volta e segnare quanto spesso ti sembra di aver sentito dire cose simili nel corso delle iniziative di orientamento a cui hai già partecipato.
Tieni presente che qui non devi basarti su ciò che pensi tu del futuro scolastico-professionale, ma solamente ciò che, secondo te, pensano e dicono coloro che vorrebbero darti buoni consigli per il tuo orientamento.
Dopo aver letto una frase, se ti sembra che i diversi consigli di orientamento che puoi aver sentito in giro possano richiamare il concetto che ognuna di queste frasi contiene, segna con una crocetta:
– la lettera (a) se ti sembra di averla sentita molto raramente;
– la lettera (b) se ti sembra di averla sentita solo poche volte;
– la (c) se abbastanza spesso;
– la (d) se frequentemente;
– la lettera (e) se molto spesso.

1. Si impara lavorando, non stando con le mani in mano.a b c d e
2. Ognuno è artefice del suo destino.a b c d e
3. In un lavoro non è lo stipendio a fare la differenza, ma quanto è considerato utile per gli altri.a b c d e
4. Da adulto/a diranno di te cosa sai fare, non quanti esami hai superato.a b c d e
5. Bisogna continuare ad apprendere lungo tutto l’arco della vita.a b c d e
6. Bisogna essere realistici e non andare dietro a sogni e illusioni.a b c d e
7. Il benessere degli altri non dipende anche da te, dipende da loro.a b c d e
8. Non sono i titoli di studio a fare la differenza: ciò che contano sono le competenze, ciò che si sa fare e come si lavora assieme agli altri.a b c d e
9. Sii imprenditore di te stesso/a.a b c d e
10. Il futuro è nelle tue mani.a b c d e
11. Il lavoro che farai potrà favorire lo sviluppo, ma anche il degrado e la non sostenibilità.a b c d e
12. Per avere successo bisogna mettere in mostra le proprie competenze.a b c d e
13. È sempre andata così… per avere successo bisogna conoscere le persone giuste.a b c d e
14. Un lavoro è prestigioso solo se ti permette di fare la bella vitaa b c d e
15. Non c’è nulla da fare, non siamo noi a creare il nostro destino.a b c d e
16. La qualità del tuo futuro dipende dai tuoi talenti, dai tuoi meriti.a b c d e
17. Lavorare senza studiare è come costruire una casa senza fondamenta: può reggere, ma per quanto tempo?a b c d e
18. Il miglior investimento che un governo possa fare riguarda la qualità della scuola.a b c d e
19. Un marinaio non può cambiare la direzione del vento, ma può orientare le sue velea b c d e
20. Il benessere dipende da quanto te lo meriti.a b c d e
21. Non aspettare che accada ciò che desideri, fa la tua parte affinché accada.a b c d e
22. In poche parole… si studia solo per trovare un buon lavoro.a b c d e
23. Un futuro pieno di soddisfazioni è di coloro che se lo meritano.a b c d e
24. Il tuo futuro dipende dalle tue aspirazioni.a b c d e
25. È giusto che i lavori meno pagati vengono lasciati ai migranti e a chi ha studiato poco.a b c d e
26. Non curarti del futuro, vivi il presente, l’attimo fuggente.a b c d e
27. Il mondo del lavoro ti offre tante opportunità, non fartele scapparea b c d e
28. La qualità degli ambienti che le prossime generazioni vivranno dipenderà anche dal lavoro che sceglierai.a b c d e
29. Non importa quanto potrai guadagnare con il tuo lavoro, ciò che è importante è che ti piacciaa b c d e

Tra le frasi che hai appena letto, quali si avvinano di più al tuo modo di pensare all’orientamento, al tema della tua scelta del tuo futuro scolastico e professionale?

Puoi indicarne almeno tre e descrivere le ragioni che ti hanno portato a sceglierle.

1. ……………………………………………………………………………………………………………..

      Ho scelto questa frase perché ……………………………………………………………………………………………………………..

      2. ……………………………………………………………………………………………………………..

      Ho scelto questa frase perché ………………………………………………………………………………………………………………

      3. ……………………………………………………………………………………………………………..

      Ho scelto questa frase perché ……………………………………………………………………………………………………………..

      Ora, se ti va, e sempre pensando al tuo futuro scolastico-professionale, puoi inventare una frase tutta tua e scrivere perché la pensi così.

      La MIA frase a proposito del mio futuro scolastico-professionale potrebbe essere la seguente: …………………………………………………………………………………………………………….

      Potrebbe essere questa perché secondo me ……………………………………………………………………………………………………………..

      Considerazioni conclusive
      Come sanno i lettori di ‘La parola all’orientamento’, l’orientamento che abbiamo in mente si preoccupa soprattutto di insegnare ad immaginare e costruire futuri di qualità per tutti, tutte e per i loro contesti naturali e sociali di vita guardando anche a ciò che potrebbe interessare le prossime generazioni.  Una precondizione, un prerequisito per poter partecipare in modo costruttivo a progetti e a laboratori che si propongono anche di insegnare come sia possibile darsi da fare per ‘costruirli’ quei futuri e progetti, è come liberarsi dall’usura semantica imparando a diffidare di tanti slogan vuoti di contenuto che possono essere utilizzati anche da imprese, agenzie e istituzioni pronte a declamare la propria eccellenza nell’ambito della ricerca, della formazione e, ultimamente, anche a proposito della terza missione delle università, quando dichiarano di essere attenti alla promozione delle competenze e delle soft skills, all’innovazione della didattica, ai tassi elevati di occupabilità dei propri laureati, di ‘Internazionalizzazione’ solo magari perché alcuni corsi vengono tenuti in inglese  o per la presenza di accordi con partner stranieri, senza che con questo si realizzino veri e reciproci scambi di tipo culturale.

      Per poter collaborare per la costruzione di futuri desiderabili per tutti è innanzitutto necessario che si si ridia smalto alle parole che si utilizzano non confondendo, ad esempio, inserimento, con integrazione ed inclusione, educazione con formazione, addestramento e riabilitazione, futuro con futuri, lavori dignitosi, con ‘buoni lavori’, futuri probabili con futuri possibili, aspettative con aspirazioni, obiettivi con finalità e così via ridando significati precisi a quelle parole che l’usura semantica ha di fatto ‘sbiadito’ a tal punto da non suscitare più alcun impatto conoscitivo ed emotivo. Attenzione, quindi, a quando sentiamo parlare di competenze trasversali o soft skills:

      • “cerchiamo persone con capacità di problem solving”, ma di che problemi si tratta? I problemi che per definizione, direbbe Polya, sono solo quelli che suscitano disagio e che non sono immediatamente risolvibili, e, tra questi, come si è già avuto di segnalare in altra sede (Soresi, 2022) ci sono quelli, ‘addomesticabili’, ‘critici’ e, addirittura anche quelli talmente complessi da essere definibili ‘ribelli’, ‘bastardi’ per quando risultano persino difficili da definire.
      • “cerchiamo e formiamo team player, persone che dovranno saper interagire con altri”, ma a che pro? Per incrementare utili, per promuovere un prodotto, o, ad esempio, per promuovere la giustizia sociale, ridurre le discriminazioni e le disuguaglianze che possono essere presenti anche in un  contesto lavorato e formativo?

      O quando sentiamo usare le parole sostenibilità, impatto zero, azienda green:

      • Ci sono prove, dati ‘indipendenti’ a riprova del fatto che non trattasi unicamente di una sorta di parole d’ordine (buzzword) per aver accesso ai mercati tramite comunicazioni aziendali ‘ambientaliste’ ed operazioni di green washing?
      • Possono essere ritenute sostenibili che pratiche che hanno un impatto ambientale minimo (e quanto?) ma comunque non nullo dal momento che non esistono decisioni ed azioni prive di conseguenze ed impatti?
      • Può sorgere il sospetto che parole come sostenibilità, impatto zero, azienda green possano di fatto essere utilizzate per ostacolare la comparsa di significati cambiamenti culturali e sociali?

      O quando sentiamo, rifacendosi magari alla psicologia umanistica di Maslow invitare le persone a perseguire la propria realizzazione, a valorizzare il proprio potenziale, i propri capitali, la piena espressione di sé stessi:

      • Oltre ad essere parole ed espressioni che dovrebbero orientare, si ritrovano sovente ad offerte formative ed attività di counseling finalizzate alla crescita personale e alla diffusione di libretti di ‘autoaiuto’ di dubbio valore scientifico.
      • Ammesso, ma non concesso, che queste espressioni possano avere un qualche significato, i potenziali, i capitali, i meriti siamo sicuri che siano nostri? Non dipendono forse dalle esperienze che abbiamo maturato a contatti di altre persone, di altri contesti? Non sarebbe più corretto affermare che non sono mie, ma nostre, che in un certo qual senso mi sono state fornite? E chi sono i fornitori di meriti, di capitali, di potenzialità?
      • Frasi come “realizza il tuo potenziale”, “segui i tuoi sogni”, o “diventa la versione migliore di te stesso” possono diventate spesso degli slogan a favore dell’individualismo, del narcisismo, di un IO smisurato ed esclusivo nel confronti del NOI, del NOI ALTRI, e degli ALTRI. Ma è proprio questo che vogliamo promuovendo formazione o realizzando pratiche di orientamento?
      • Può essere considerata veritiera l’espressione “self-made” (realizzato da sé) per descrivere percorsi di successo che in realtà si basano su risorse o contesti che li hanno consenti e che potrebbero essere ritenuti privilegiati? Quanta ‘novità’ sarebbe individuabile analizzando le esperienze di successo e di realizzazione delle persone, ma anche delle imprese e delle politiche attente ai futuri possibili e di qualità?

      Nei laboratori di orientamento, se desideriamo effettivamente ridurre l’usura semantica dovremmo cercare di
      – Promuovere un uso consapevole del linguaggio prestando particolare attenzione alle parole che si utilizzano nel presentare finalità, scopi, obiettivi, aspettative, aspirazioni, ecc.
      – Promuovere ed incrementare il pensiero critico e la scelta di parole ed espressioni che rispettino la complessità e la profondità dei concetti che si desidera esprimere evitando le semplificazioni eccessive.
      – Riscoprire sinonimi e valorizzare la nostra varietà lessicale per evitare la ripetizione continua degli stessi termini. Ad esempio, invece di ripetere troppo spesso sostenibile, si possono usare termini più specifici e che tra l’altro, invitano a considerare più da vicino la complessità della sostenibilità  come ecocompatibile, rigenerativo o circolare, che, tra l’altro possono, a seconda del contesto del loro utilizzo, componenti e significati diversi.

        Combattere l’usura semantica significa pertanto operare per ridare valore alle parole, rispettandone il significato e utilizzandole in modo consapevole e responsabile. In tutto questo l’orientamento può svolgere un ruolo importante perché si trova necessariamente a lavora con concetti chiave come competenze, sostenibilità, realizzazione di sé, progettazione, cooperazione e altri termini e costrutti che vengono soventemente banalizzati.

        Accanto all’usura semantica l’orientamento non può non occuparsi della pubblicità ingannevole, delle strategie di marketing poco etiche come quelle che vengono studiate dall’agnotologia, ma a tutto questo saranno dedicate le parti seconde e terze di questo contributo.

        Bibliografia

        Barthes, R. (1957) Mythologies. Paris: Editions Du Seuil. 

        Eco, U. (1968) La struttura assente. La ricerca semiotica e il metodo strutturale, Milano; La nave di Teseo.

        Eco, U. (2018) Sulla televisione: Scritti 1956 – 2015, Milano: La Nave di Teseo.

        Frank, D.J. e Meyer, J.W. (2020) The University and the Global Knowledge Society Princeton, NJ: Princeton University Press.

        Geeraerts, D. (2009), Theories of Lexical Semantics, Oxford, 2009; online edn, Oxford Academic Press.

        Nota, L., Soresi, S., Di Maggio, I., Santilli, S., & Ginevra, M. C. (2020). Sustainable Development Career Counseling and Career Education. Springer.

        Pizzalis, M. e Nota, L. (2024). L’orientamento a scuola. Per costruire società inclusive, eque, sostenibili. Milano, Mondatori Education). 

        Proctor, R. N. (2004) “The Political Uses of Ignorance.” In Science, Technology, & Human Values, 29(2), 154-173.

        Re, P., Mosca F. (2024). Il marketing nell’attuale contesto competitivo. Torino: McGraw-Hill Education.

         Soresi, S, (2024). C’è più orientamento al futuro nelle ‘nuove linee guida ministeriali’ o in ChatGPT? Roars,13 giugno.

        Soresi, S. (2022). Informazione, fra problemi ribelli e speranze per il futuro. In Adolfato, M., Nota, L. e Reale, R. (a cura di). Aver Cura del Vero, Portogruaro (Ve): Nuovadimensione.

        Soresi, S. (2023). A proposito delle innovazioni introdotte nelle nuove linee guida per l’orientamento, Nuova secondaria, 7, p, 70-177).


        [1] Sebbene siano state avanzate tante riserve a proposito dell’utilità di queste iniziative, sembra certo, però, che a guadagnarci siano senza dubbio gli enti organizzatori. È quanto riporta anche L’Espresso, in un articolo intitolato ‘Fiere, brochure e open day, benvenuti nel business del (dis) orientamento universitario’ a firma di Gloria Riva che, senza mezzi termini, segnala che Campus Editori srl, società del gruppo Class, gestisce i Saloni dello Studente, presenti in molte città universitarie, e scrive: «Le attività continuano positivamente, incidendo su un segmento di mercato dove la concorrenza è molto debole, e chiude il 2022 in utile, con due milioni e mezzo di ricavi».

        [2] Qui, innanzitutto, e a dispetto di tutte le riflessioni che si coniugano a proposito della necessità di personalizzare i processi di insegnamento e di orientamento, si propone un modulo ‘standard’, uguale per tutti e, come modalità valutativa, una di tipo dicotomico (SI o NO) incurante sia delle specificità dei valutatori che della singolarità dei valutati. Si parla ancora di aree disciplinari che, tra l’altro, non corrispondono nemmeno a quei Settori Scientifici Disciplinari ai quali fa riferimento il nostro sistema universitario. Ma la scuola media unica istituita con la legge 31 dicembre 1962, n. 1859, non aveva eliminato quel bivio che conduceva gli studenti e le studentesse ad intraprendere precocemente o la strada che conduceva direttamente al lavoro o ad imboccare quella dell’ulteriore approfondimento culturale?

        Se questo non bastasse ho notato che il decreto di cui sopra non usa mai termini importanti per l’orientamento quali: futuro, opportunità, progetto, aspirazione, speranza, pensiero critico, società, ecc., ma che, di contro, fornisce ben 33 richiami a norme del passato e, ovviamente, ancora zero riferimenti bibliografici, all’autodeterminazione, ai valori, alla realizzazione di sé, all’impegno sociale, ecc.