Laura Nota, Presidente SIO, Università di Padova
La XXIII edizione del Congresso nazionale della Società Italiana Orientamento si è svolto preso l’Università di Sassari, in Sardegna, in questa isola del Mediterraneo, in questo luogo descritto dalle colleghe e dai colleghi sassaresi come “luogo di incontro e scambio, di viaggi verso spazi che hanno oltrepassato confini naturali, sociali e politici, ma anche luogo di conflitti e scontri, teatro dove le ingiustizie strutturali si trasformano in immagini tragiche di chi insegue la speranza di un futuro migliore per sé e i propri cari”. E sicuramente si è respirato un senso di speranza nuovo, complesso, profondo, figlio di un sapere critico e di un desiderio di trasformare una realtà che non ci piace più. Questo è stato sicuramente il fil rouge delle numerose presentazioni e dei diversi scambi e dibattiti che hanno arricchito le due giornate congressuali, insieme a processi di contaminazione transdisciplinare, intersettoriale e di mescolanza senza barriere.
Ma andiamo con ordine: il Congresso si è svolto nella giornata di venerdì 21 giugno e nella mattinata di sabato 22 giugno, presso la sede del Rettorato (il venerdì mattina) e nelle aule del Dipartimento di Scienze Umanistiche. È doveroso ricordare l’università di Sassari, con il suo Rettore e membri della Governance, nonché staff tecnici e personale di supporto, docenti e studenti e studentesse, ci hanno accolto con calore e generosità. L’evento si è articolato in cinque sessioni plenarie, due tavole rotonde, 11 simposi, 12 sessioni parallele; a fine giornata del venerdì si svolta l’assemblea della SIO. Hanno partecipato più di 400 persone, fra studiosi e studiose dei temi dell’orientamento e di diverse discipline, operatori e operatrici, professionisti e professioniste, studenti e studentesse, volontari e volontarie e persone della società civile interessate.
Numerosi sono stati i patrocini di enti e associazioni che testimoniano, da qualche anno oramai, con la loro presenza, l’importanza di occuparsi seriamente e scientificamente dell’orientamento e il valore dell’impegno della SIO. Per una più viva partecipazione al congresso di quest’anno ricordiamo il Forum Disuguaglianze e Diversità (FDD), la Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS) e la Rete italiana degli Atenei ed Enti di Ricerca per il Public Engagement (APENET).
Le sessioni plenarie del venerdì mattina hanno posto al centro del dibattito e delle riflessioni temi quali quelli della giustizia sociale, dei futuri desiderabili, della democrazia, della qualità delle relazioni umane e di una economia da ripensare. Partendo dalla giustizia sociale o, meglio, dalle diverse definizioni di giustizia sociale, Laura Nota ha affermato che oggi nonostante le attenzioni a questo tema ci si trova spesso a passare in rassegna report, ricerche, documenti, che attestano l’espandersi di difficoltà, disagi, dolore, passività, anche verso il futuro. È necessario così superare l’ambiguità e la superficialità con cui si affronta il tema della giustizia sociale, così come c’è bisogno di superare l’unica visione oggi maggiormente diffusa, quella delle pari opportunità di entrare nel mercato del lavoro, studiando la pluralità di proposte e le loro ricchezze concettuali, facendo delle scelte e spingendoci, anche nell’ambito dell’orientamento, verso soluzioni innovative e generative, frutto di contaminazioni, capaci di porre al centro beni comuni, collettivi, condivisi, soleggianti per gli esseri umani e non solo. Questi passaggi saranno di supporto all’idea di futuri desiderabili, ha sostenuto di seguito Salvatore Soresi: e questo sarà di fatto possibile a patto che in primo luogo ci si liberi da direttive ministeriali ed europee che vorrebbero ‘ingabbiarlo’ ed ostacolarne sviluppi ed innovazioni; in secondo luogo, è necessario abbeverarsi alle teorie della complessità, guardando ai futuri possibili e desiderabili e praticando il pensiero prospettico. A tal fine vanno cambiati i valori di riferimento, le proprie visioni, i propri strumenti e le proprie pratiche, che non possono essere solo quelli economici, che spesso non hanno a cuore il futuro collettivo. Abbiamo bisogno di un pensiero che vada oltre, che assuma una prospettiva tesa a superare le barriere del presente per co-costruzioni inedite. E con Carla Bassu è apparso subito evidente ai e alle partecipanti che per tutto ciò non si può che respirare democrazia insieme alle sue preziose regole, quale condizione che tiene insieme diritti fondamentali della persona e forme di limitazione e controllo reciproco tra poteri istituzionali a garanzia di tutti e tutte. Le regressioni costituzionali a cui si sta assistendo, che si manifestano nella restrizione o negazione di diritti individuali fondamentali, vanno combattute ed è necessario preparare le giovani generazioni a mettere insieme l’idea di futuro di qualità con quello di democrazia.
Sempre venerdì, nella seconda parte della mattinata, le relazioni di qualità sono state rilanciate quali modalità per far fronte ai micro e macro conflitti e alle ingiustizie strutturali. Ernesto Lodi, Patrizia Patrizi e Tim Chapman hanno enfatizzato che a tal fine è necessario superare le logiche dell’individualismo, della iper-competizione, della sopraffazione, della volontà di esclusione, in particolare di coloro che appartengono a minoranze e presentano forme di vulnerabilità, indossando nuove lenti, dando corpo a co-costruzioni e coinvolgimenti ricchi e attivi, affinché le diverse persone possano vivere vite di qualità insieme agli altri. A ciò si è unita la voce di Clara Mattei che ci ha ribadito che per costruire le vie poco prima descritte è necessario anche cambiare i processi economici, ripoliticizzare l’economia, ri-democratizzarla, fare in modo che i cittadini e le cittadine si riapproprino delle scelte e del futuro loro e dell’intera società. Dobbiamo uscire dal cul de sac dell’economia mainstreaming, dell’austerità, che arricchisce i pochi ricchi e impoverisce i tanti, togliendo ossigeno ed energia alla maggioranza. Vanno conosciute, studiate, sperimentate altre possibilità anche in ambito economico se ciò che ci interessa sono i futuri desiderabili, la giustizia sociale e la democrazia.
Le sessioni plenarie del sabato mattina sono iniziate con Mariantonietta Cocco che ha posto al centro la necessità di evitare riduzionismi nei momenti in cui si affrontano i temi del futuro con persone con retroterra sociali diversi ed eterogenei, con le figlie e i figli di coloro che sono immigrati nel nostro paese, giovani di seconda generazione, studenti e studentesse appartenenti a gruppi etnici minorati. Le loro storie e le loro biografie devono poter far emergere la ricchezza su cui si basano, devono esprimere forme liberatorie, tra più appigli identitari e simbolici, e lo sguardo va rivolto su molteplici elementi che non siano solo il paese e la cultura di origine dei genitori. Cristina Cabras, nel proseguire i lavori, ha enfatizzato la necessità di dare valore alla cultura dell’orientamento che va rilanciata in Italia e nell’ambito universitario. Vanno promosse ricerche, studi, approfondimenti, corsi di laurea e percorsi post-laurea, che sappiano essere transdisciplinari e che insieme al benessere delle persone e del loro futuro alimentino attenzione a diritti, pace, giustizia, ambiente, siano in grado di riconoscere la complessità odierna, rifuggano da forme di semplificazione concettuale, e permettano di possedere una pluralità di mezzi concettuali e operativi. Marco Pitzalis, nel chiudere la prima parte della mattinata, ha continuato a porre al centro l’orientamento per la crescita delle giovani generazioni, a patto che ci si liberi da quelle forze sistemiche che lo hanno trasformato in un dispositivo di stratificazione e di mantenimento dello status quo. Va denunciata l’opera a sostegno della segregazione scolastica associata al genere e alla classe sociale, che ancora oggi fa sì che vi sia ad esempio una preferenza maschile per il liceo scientifico e gli istituti tecnici e una preferenza femminile per i licei classici, umanistici e linguistici. Abbiamo bisogno di una cultura profonda dell’orientamento, di quella protesa ai processi di liberazione delle persone, passando attraverso la formazione degli insegnanti e degli operatori e l’utilizzo di processi, strumenti e metodi alternativi a ciò che conosciamo e che vengono proposti anche dalle linee guida ministeriali.
Di seguito è vi è stata la tavola rotonda organizzata da Giorgio Sangiorgi, con la partecipazione di Massimo Temussi, Enrico Garau, Michele Campagnoni e Stefano Mastrovincenzo, che ha portato l’attenzione sull’inserimento lavorativo, su ciò che viene richiesto dai contesti lavorativi, e sul ruolo dei servizi per l’impiego nel favorire questi processi. Si è parlato di politiche attive del lavoro e dei servizi proposti: si sono stimolati i partecipanti e le partecipanti a distinguere fra ciò che all’interno di esse viene considerato orientamento, ovvero matching, profilazione, formazione professionale, placement, versus quanto proposto, diversamente, da nuovi approcci concettuali, discussi nell’ambito del congresso, in materia di orientamento 5.0, che si interessa di processi trasformativi e protesi verso futuri desiderabili, da costruire, con l’apporto di tutti e tutte.
E l’ultima sessione del sabato mattina ci ha riportato su temi fondamentali per la nostra vita e il nostro futuro, natura, etica, genere, migrazioni, coscienza critica e pensiero prospettico. Massimo dell’Utri ci ha ricordato il paradosso per cui se da un lato siamo consapevoli dell’esistenza di un “problema ambiente” dall’altro continuiamo a piegare l’ambiente ai nostri fini, senza considerare le conseguenze disastrose non solo per noi ma anche per le generazioni a venire. E se è vero che siamo interessati all’etica, allora è un dovere occuparci seriamente della natura e dell’ambiente trasformando il nostro modo di pensarvi e di agire. Elisabetta Camussi ha sottolineato che il perdurare delle asimmetrie tra i generi ha impatto, oltre che sulle vite individuali, sullo sviluppo umano nel suo complesso e sulla giustizia sociale. L’orientamento non può più esimersi dal tenerne conto e deve diventare, da un lato, strumento per promuovere progettualità che cercano di superare gli ostacoli sistemici, e, dall’altro, azione culturale tesa a livello di macrosistema a caratterizza il cambiamento delle dinamiche di potere tra i generi. Paola Magnano è tornata sul tema migrazione enfatizzando il ruolo che l’orientamento deve avere nel promuovere progetti di qualità anche per le persone con storie di migrazione, agendo così pure a vantaggio dell’inclusione nel suo complesso. Per tutto questo è necessaria la formazione dei professionisti e serve impegno, apertura, e disponibilità a cimentarsi in un lavoro sfidante e non routinario. Infine, Maria Cristina Ginevra e Sara Santilli nel riprendere la definizione di orientamento 5.0 ci hanno ricordato che abbiamo bisogno di infondere coscienza critica e pensiero prospettivo nelle persone che coinvolgiamo, compresi gli operatori e le operatrici, e in particolare nelle giovani generazioni, a cominciare dai bambini e dalle bambine. E in sintonia con tutto ciò hanno esemplificato percorsi proprio per l’età evolutiva, a testimonianza che si può agire fin dalla più tenere età, in collaborazione con insegnanti e genitori, e in un’ottica di processi trasformativi, per la promozione di uno sviluppo eco-socio-sociopolitico e professionale innovativo e di qualità.
Le sessioni parallele del pomeriggio di venerdì 21 giugno sono state uno snodarsi di presentazioni e dibattiti su diversi temi e contenuti. Si è discusso sulle azioni di orientamento che vedono coinvolte soprattutto persone con disabilità, con vulnerabilità e con storie di detenzione, sull’orientamento nell’ambito delle nostre Università, su orientamento e lavoro, su orientamento e coinvolgimento dei genitori, su orientamento a scuola; sono stati presentati nuovi strumenti e pratiche di orientamento, si sono effettuati dibattiti su orientamento, pnrr e linee guida ministeriali. E ricordo che sempre nell’ambito del Congresso è stato realizzato il simposio “L’impegno delle Università con la società” coordinato da Fulvio Esposito e voluto dal Forum Disuguaglianze e Diversità (Fdd), dal GdL della RUS Inclusione e Giustizia sociale e dalla Rete Italiana degli Atenei ed Enti di Ricerca per il Public Engagement (Apenet) per affrontare il tema dello scambio di conoscenze tra università e società. I e le partecipanti di diverse università, con la sintesi di casi e buone pratiche, hanno testimoniato gli impegni di collaborazione degli atenei con le società in cui sono inserite e la necessità di valorizzare sempre di più e con modalità premianti queste attività, che con i compiti di docenza e ricerca, fanno emergere un ruolo incisivo e trasformativo delle università stesse per società più inclusive, eque, protese a ridurre le disuguaglianze.
I relatori e le relatrici di questi giorni congressuali hanno rappresentato un vivo tessuto di impegno in materia di orientamento, e sono state rappresentate quasi tutte le università italiane e numerose istituzioni pubbliche e private, fondazioni, imprese del terzo settore, agenzie per l’impiego, scuole, cooperative, ecc., che si trovano coinvolte in questi processi. Siamo stati immersi in una comunità ampia, vivace, pluralista, protesa, seppur nelle diverse espressioni, a far sì che l’orientamento sia strumento di qualità, benessere, crescita, per tutti e tutte. A questo link si può trovare il volume dei preatti che riporta la complessiva ricchezza delle presentazioni e dei dibattiti.
E infine ricordo i premi: quest’anno abbiamo lanciato il bando ‘È questo l’orientamento che vogliamo’ per tutte le scuole pubbliche e private, di ogni ordine e grado. I vincitori sono stati a parimerito il progetto presentato dal Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali dell’Università degli Studi di Sassari con le scuole del territorio, coordinato da Lucrezia Perrella, e la scuola dell’infanzia ‘IC Matteo Ricci’, plesso Sansotta di Roma, per il progetto “Una mission possible per i bambini della scuola dell’infanzia. Per noi vorremmo… impegnarci e lavorare per un mondo migliore”. Il primo progetto sta puntando, tramite lo strumento del Photovoice, ad aiutare gli studenti e le studentesse a definire e a condividere la propria visione del futuro personale e professionale, le barriere e le risorse per futuri giusti contrassegnati da pace, rispetto dei diritti e giustizia. Attraverso la fotografia si vuole stimolare i e le giovani a riflettere su temi importanti per la comunità, ponendo in luce risorse individuali e di gruppo al fine di raggiungere soluzioni autonome a problemi e conflitti e sensibilizzando, inoltre, le istituzioni di appartenenza. Per il secondo progetto, le insegnanti coinvolte (Maria Zallo e Michela Apruzzi) hanno realizzato un percorso laboratoriale con i bambini e le bambine di 5 anni di tutto il plesso finalizzato ad aumentare le capacità critiche di analisi delle sfide che il futuro potrà porre loro, ad anticipare i problemi contestuali, a immaginarsi futuri desiderabili e il contributo che le diverse professioni possono dare al loro fronteggiamento. Qui si trova la sintesi che hanno prodotto del loro lavoro: cliccare qui